“Boots”, quando “Full metal jacket” diventa queer. La serie sulla storia vera del “marine rosa”
Cameron ha 18 anni, si è trasferito dodici volte negli ultimi dieci anni, viene bullizzato a scuola, non sa cosa vuole dalla vita, è incerto sul suo futuro. Quando l’amico gli dice che entrerà nei marine, come suo padre, gli sembra la cosa più semplice da fare: ci entrerà anche lui. Ma al colloquio quando il reclutatore gli chiede perché vuole entrare nel corpo, Cameron balbetta: “Per la libertà, per l’America… voglio essere tutto ciò che posso”. “Sì, è lo slogan dell’esercito”. “La mia vita ha bisogno di un cambiamento, signore. Voglio essere una persona diversa” è quello che riesce a dire.
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Ispirata alle memorie dell’ex marine statunitense Greg Cope White, The Pink Marine, la serie in otto episodi Boots, firmata dal creatore e co-showrunner Andy Parker (Tales of the City), dalla showrunner Jennifer Cecil (The Umbrella Academy) e dal produttore esecutivo Norman Lear arriva su Netflix il 9 ottobre.
“Boots”, la serie tv sul marine “rosa” con Miles Heizer – trailer
È il 1990 e Cameron si è appena diplomato, è stufo di essere costantemente maltrattato per i suoi gusti musicali (nel suo walkman ascolta le Wilson Phillips) e i suoi modi gentili. Di nascosto da sua madre Barbara (Vera Farmiga) decide di seguire il suo migliore amico e entrare nei marines, inizierà per lui un duro addestramento nella base di Parris Island, Carolina del Sud.
Lo interpreta Miles Heizer (Tuo, Simon, Tredici, Parenthood), 31 anni con la faccia da ragazzino che gli permette di interpretare ancora l’adolescente. Cameron entra in questo mondo duro e pericoloso (all’epoca essere gay nell’esercito era ancora illegale) e si trova a doversi misurare insieme suo migliore amico Ray McAffey (Liam Oh), con una serie di mine metaforiche e anche molto concrete, mentre si addestrano per entrare nel corpo.
Sono passati 55 anni dall’uscita del film di Robert Altman M*A*S*H con Donald Sutherland, Elliott Gould e Robert Duvall, considerato il primo film antiretorico sull’esercito americano, e 38 dal film di Stanley Kubrick Full metal jacket con Matthew Modine e Vincent D’Onofrio che raccontava il feroce addestramento dei giovani coscritti per la guerra del Vietnam, ma in tempi in cui Donald Trump convoca 800 generali da tutto il mondo per ribadire che il soldato americano “è bianco, maschio, senza barba e cattivo” una serie come questa suona contro corrente e necessaria.
“Senza entrare in polemica – ha detto Parker al New York Times – credo che quello che stiamo cercando di fare è mettere in luce il costo personale di queste politiche. Possiamo vedere cosa comportano psicologicamente, spiritualmente ed emotivamente per le persone che devono distorcere se stesse, mentire, isolarsi o essere emarginate da un’organizzazione che amano e da un Paese che vogliono servire”. La serie – per quanto metta in luce la violenza dell’addestramento (le reclute costrette a recuperare cibo sprecato dai cesti degli avanzi e obbligati a ogni tipo di corvé per il minimo errore) e denunci il razzismo e il nonnismo – non è certamente un atto d’accusa tout court nei confronti dell’arma, anche perché Cope White è stato per anni nell’arma prima di diventare autore. E ha fatto coming out privatamente con amici e familiari all’inizio degli anni ’80, mentre era ancora in servizio. “I Marines mi hanno sicuramente dato la sicurezza di fare coming out. Il che, lo so, è ironico” ha raccontato l’autore.
L’azione è stata spostata dalla fine degli anni Settanta, in cui il romanzo è ambientato, agli anni Novanta della serie e sullo sfondo c’è la prima guerra del Golfo Persico per una potenziale seconda stagione, come suggerito dallo showrunner. Nella serie da segnalare una colonna sonora strepitosa (da I want to break free dei Queen a Venus delle Bananarama) che include anche una versione di Freedom! ’90 di George Michael cantata dal San Diego Gay Men’s Chorus che include veterani militari.
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