CCCP – Fedeli alla linea, il live a Roma: la musica brucia ancora
ROMA – Molti stanno rinunciando ad andare a vedere concerti: un po’ per i prezzi, un po’ perché sembrano riti stereotipati. I CCCP l’altra sera a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, hanno mostrato a un pubblico dai 15 ai 70 anni e oltre cos’è un vero live: emozione, potenza, dolcezza, rabbia, un’indefinibile sensazione come di pericolo nell’aria.
Cccp – Fedeli alla Linea. Un vero concerto punk a Berlino: “Siamo tornati per portare il disordine”
Ultima chiamata: è l’ultima possibilità per vedere i CCCP, poi si scioglieranno per sempre. Ascoltare le loro canzoni oggi è abbastanza incredibile perché sembrano più attuali di quando sono state scritte: “C’è una complessità musicale che resta misteriosa anche per noi. Come siamo riusciti a mettere insieme questo equilibrio di suoni, di canzoni, rispecchiando quello che c’è all’esterno? Non ne ho idea”, dice Giovanni Lindo Ferretti dopo il concerto.
CCCP: Balleremo sulle rovine dell’impero con un ultimo tour
Ma per chi è l’ultima chiamata? Per i CCCP o per il pubblico? “Per chi è ancora vivo”, continua Giovanni, “se non ci fosse stato un motivo esterno, non ci sarebbe stata l’ultima chiamata. Quello che ci ha fatto accettare di fare queste sette ultime date è che i concerti dell’anno scorso hanno fatto bene prima di tutto a noi. Io poco prima del concerto di Bologna ho rischiato di morire perché ho avuto un infarto, sono salito sul palco che facevo fatica a stare in piedi, poi durante il tour ho riacquistato energie poco a poco e alla fine salire su quel palco in realtà mi ha fatto bene. È una vita che, malmesso, faccio tournée: sperimento una sorta di musicoterapia personale”.
Intanto, tutto intorno, piccole ribellioni che non capita più di vedere: il pubblico dopo le prime note abbandona il posto assegnato e si assiepa sotto il palco. Del resto, chi ha mai visto da seduto un concerto punk? Succede di tutto: crowd-surfing, pogo e un ragazzo che sale in scena per salutare Annarella, intercettato da Fatur, “artista del popolo”, che cammina come un robot armato di gabbie, cerchioni e sculture autocostruite dall’aspetto folle. Un altro fugge dalla platea e bacia sulla guancia Giovanni Lindo Ferretti. Lui, intanto, indossato l’elmetto, intona Curami: una lunga apoteosi dal ritmo scandito in maniera possente: un tempo con i primissimi CCCP c’era solo una batteria elettronica, adesso invece ce ne sono ben tre che riempiono i graffi e i vuoti scarni, quasi zen di Massimo Zamboni. A volte fanno capolino persino le tastiere e c’è finalmente un basso, quello di Luca Rossi, vecchia conoscenza dei grandi Üstmamo’, così come gli altri: Ezio Bonicelli, Simone Filippi, Gabriele Genta e Simone Beneventi.
Un momento di commozione indicibile con Madre e poi canti, preghiere, danze: la “benemerita soubrette” recita, incanta e canta (Guerra e pace), la cover di Bang Bang a cui segue Spara Jurij, punk e liscio con Battagliero, un pezzo che racconta la parabola di un giovane ribelle che da oltranzista rivoluzionario cerca poi “un posto al Ministero” e “mette la testa a posto” come dicevano i nostri nonni. E c’è anche una inaspettata e splendida Vota Fatur in stile Suicide con lui che declama nello stile tronfio e retorico di Benito Mussolini: “Italiani! Cittadini! Coinquilini! Affittacamere!”. Ovvero un perfetto collasso del senso che anche in questo caso sembra scritto adesso: “Ne so qualcosa di cosa significano i problemi di convivenza, visto che abito in un condominio molto, diciamo così, affollato”, spiega Fatur nella sua maniera dolce e surreale.
I CCCP sono dei rivoluzionari? “La parola “rivoluzionario” ormai è così desueta che non significa più nulla. Vuol dire prendere il potere o la posizione in mano. Non aspiriamo a niente di tutto questo”, spiega Zamboni.
Un altro momento di palpabile tensione è Morire, uno dei brani dal testo più bello e sofisticato, pieno di riferimenti letterari che per la prima volta nelle storia viene cambiato: “Ho avuto un’illuminazione”, dice Giovanni. Ho sempre recitato tre volte di seguito “Lode a Mishima e a Majakovskij” e improvvisamente ho sentito che mancava un terzo nome. Quel nome, il terzo, è Pasolini, perché Majakovskij simboleggia l’idea di morire per la rivoluzione, Mishima quella di morire per la tradizione e Pasolini invece è il morire per il potere della carne”.
Risuona la dolcissima Annarella e in finale persino l’attacco di Mi ami a cui si saldano Io sto bene, Allarme e Noia. Mi Ami Giovanni non la voleva più fare perché il finale gli sembrava ridicolo con quel “smettila di parlare, avvicinati un po’”. Diceva: “I CCCP non cantano canzoni d’amore. Non in senso canonico almeno e poi fa ridere cantare quel finale alla mia età”. Però proprio durante la nostra ultima intervista sul Venerdì de La Repubblica, Massimo Zamboni aveva trovato la soluzione, ovvero proprio quello di accennare la prima parte, salutata a Roma con un boato incredibile per poi unirla a Io sto bene: in questo modo acquista anche un senso diverso: ”Tra l’altro il testo di Mi ami ha un background letterario da paura” spiega Ferretti, ed è vero. Il titolo è ispirato al libro Mi ami di R. D. Laing mentre il testo è fatto di rimandi a Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes che a sua volta cita pezzi de Le affinità elettive di Goethe e altri testi.
Amandoti a chiudere: la “sedicente cover” cantata in origine da Annarella con un testo lievemente diverso nello spettacolo teatrale Allerghia. Ferretti: «Amandoti è un brano molto importante per noi, di cui ho raccontato una versione sbagliata in un libricino che si chiama Ora. Quando l’ho raccontata per me era assolutamente la mia verità. Il problema è che devi fare i conti che quella cosa riguarda i CCCP e quindi è molto più complessa e le cose che la mia memoria ha dimenticato per qualcun altro sono essenziali”. Come è nata allora Amandoti? Annarella: “È nata da una mia idea, perché io interpretavo, per lo spettacolo teatrale Allerghia, una diva dell’est che guardava all’Ovest, per cui guardava Wanda Osiris, Rita Hayworth. Ho detto a Giovanni e Massimo che volevo interpretarla su una musica del genere di Amado mio. Da lì è nata una musica e Giovanni ha scritto questo pezzo bellissimo e me l’ha portato. Ha questo sottotitolo proprio perché avrei dovuto cantarla io però un giorno Giovanni si è trovato al piano di sopra di Villa Pirondini dove registravamo l’ultimo disco dei CCCP, con Magnelli: lui te l’ha suonata e tu l’hai cantata”. Giovanni Ferretti: “È scritta al femminile proprio per quel motivo. Era una canzone che non trovava mai una sua realizzazione: erano passati anni da quando era stata formulata. Una sera l’ho cantata nell’aia mentre guardavo mia nonna che era davanti alla finestra cambiando un po’ le parole. Io però tutto il resto l’avevo dimenticato. Quando ho visto il foglietto, scritto da me per Annarella sono rimasto di sasso (per chi ha il catalogo della mostra si trova a pag.285, ndr) e lì ho realizzato appunto che la memoria si nutre di oblio. Per questo è importante che sia collettiva”.
La canzone poi è stata reintepretata da molti altri, da Gianna Nannini ai Maneskin con Manuel Agnelli, da Emma a Noemi e Andrea Settembre. A dimostrazione che la musica dei CCCP può davvero arrivare ovunque: anche per questo è riuscita a coinvolgere diverse generazioni che vengono a vederli in concerto.
Proprio da qui, da una complessità di contenuti, che inevitabilmente nasce da una capacità di mettere insieme esperienze di vita e letteratura, epica ed estetica e, soprattutto pathos, bisognerebbe ricominciare a ricostruire la musica nella scena italiana. Per questo, il regalo forse più grande di questo ritorno sui palchi dei CCCP, è quello di indicare l’importanza fondamentale della ricerca della diversità e NON dell’omologazione. La nobiltà della sconfitta: ecco gli spettri di Marx come diceva Derrida ma anche gli spettri di Majakovskij, Mishima, Pasolini. Quelli della guerra, quelli di una tecnologia che può diventare oppressione, quelli di una società a dimensione sempre meno umana. Contro tutto questo bisogna tornare a “tifare rivolta e osare, osare e perdere”, come direbbero loro. L’arte, la cultura, la bellezza ma anche la tristezza, la rabbia, l’insoddisfazione (“non studio non lavoro non guardo la tv non vado al cinema non faccio sport”) ha una parte molto più importante di quanto non si pensi in questo processo e i CCCP sono tornati a dircelo.
Siamo alla fine. Oltre due ore, una scaletta perfetta e Giovanni che dice: «Mai stata facile la verità/ mai garantita la libertà». Si ha l’impressione di aver davvero assistito a qualcosa di bellissimo e magico che non vedremo mai più. “I CCCP non sono una discografia, sono una serie consecutiva di palchi. Poi la discografia è quello che rimane. La componente essenziale è anche chi ci viene a vedere, che interagisce con noi, ci restituisce cose che noi ci mettiamo addosso. Stasera è stato tutto particolarmente riuscito, anche per il luogo, questa dimensione moderna del teatro classico per eccellenza, per cui tu hai un pubblico molto ampio, tutto raccolto e tutto è rotondo” spiega Ferretti. Zamboni. “Quest’anno è un’altra cosa rispetto al 2024. Adesso è una cerimonia. Abbiamo fatto solo tre prove. Non è che quando fai una cerimonia religiosa fai le prove prima. Noi sperimentiamo in diretta”. Ferretti: “Il bello è proprio non provare, perché se tu provi, alla fine fai tutte le sere la stessa cosa allo stesso modo e diventa una noia terrificante. Il bello è trovarsi sul palco e vedere cosa succede. Questa sera è stata un grande piacere, tutto è venuto in maniera molto naturale: non c’è stata nessuna cosa che non abbia avuto senso. Ho l’impressione che sia lo spettacolo più bello fatto fino ad ora”.
Ma, soprattutto, questo non è (solo) uno show. E, se lo guarderete, non lo dimenticherete mai.
GLI ULTIMI CONCERTI
Queste le date di CCCP – Ultima Chiamata, il tour, ideato e curato in collaborazione con Musiche Metropolitane di Luca Zannotti:
3 luglio – LEGNANO (MILANO) – Castello di Legnano
8 luglio – NAPOLI – Ex Base Nato
12 luglio – BARI – Fiera del Levante, nell’ambito del Locus Festival
18 luglio – PIAZZOLA SUL BRENTA (PADOVA) – Villa Contarini
24 luglio – RIMINI – Piazzale Federico Fellini
30 luglio – TAORMINA – Teatro Antico di Taormina
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