Cinema, dopo i dazi annunciati da Trump il fronte della protesta si sposta a Cannes

Chissà cosa ha pensato Mel Gibson, uno dei tre ambasciatori a Hollywood nominati da Trump, dei dazi annunciati via social sui film girati all’estero? All’incontro alla Casa Bianca l’attore di Braveheart e Arma letale non c’era, mentre invece c’era John Voight (il terzo è Sylvester Stallone) accompagnato dai suoi produttori. Trump ha chiarito che le sue intenzioni sono di fare del bene al cinema americano, ma intanto l’attore e regista che progetta di girare il sequel della Passione di Cristo in Italia si sarà preoccupato che questa volta il set a Matera gli venga a costare troppo. E adesso la protesta annuncia di spostarsi al Festival del cinema di Cannes in programma dal 13 al 25 maggio.

Cinema, Trump e l’incubo dazi sull’industria dei sogni

All’indomani della doccia fredda di dazi da mettere sui film girati fuori dagli Stati Uniti, l’industria americana si chiede se agli annunci seguiranno veramente le imposte, le voci di produttori e distributori raccolte in queste ore dai media americani mescolano incredulità e sconforto. La produzione hollywodiana dopo la crisi innescata dalla pandemia, poi dagli scioperi, infine dagli incendi hanno portato a un meno 40% e gli addetti ai lavoratori sono piuttosto unanimi nel credere che non siano i dazi sulle produzioni girate fuori dal paese la soluzione. Per il momento piuttosto sono stati gli incentivi federali a far tirare il sospiro di sollievo ai produttori: il governatore della California Gavin Newsom a meno di 24 ore dall’annuncio di Trump ha fatto sapere di voler stanziare 7 miliardi e mezzo di dollari per aiutare Hollywood a tornare ad essere la culla del cinema.

A pochi giorni poi dall’inaugurazione del festival di Cannes (che parte il 13 maggio) le riflessioni sul futuro di un’industria che fino a ieri appariva sempre più globale si mescolano alle preoccupazioni per un mondo sempre più in crisi. Tra i primi protagonisti del festival ci sarà proprio Robert De Niro, acerrimo critico del Presidente, che riceverà la Palma d’oro e che accettando il riconoscimento aveva detto: “oggi, quando così tante cose nel mondo ci separano, Cannes ci unisce: narratori, registi, ammiratori e amici. È come se stessimo tornando a casa”. Il Marché dei film (che si svolge parallelamente al festival ( è da sempre il punto d’incontro tra le produzioni per la distribuzione ma anche per la realizzazione dei progetti: la tagliola dell’amministrazione americana di far tornare i set a Hollywood non va d’accordo con il business che vede da decenni ciak dove è conveniente girare e ieri da Cinecittà si è corsi a ricordare che le produzioni straniere sono ben volute e per loro è pronto un tax credit fino al 40%. L’uscita di Trump per il momento solo minacciata è quindi una doccia fredda per il mercato di Cannes alle porte e bisognerà capire se rallenterà gli scambi.

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“Molti americani hanno perso il lavoro a causa di produzioni che si sono trasferite all’estero. Abbiamo presentato al Presidente delle raccomandazioni per alcune disposizioni fiscali che possano aiutare l’industria, alcune delle quali potrebbero essere prorogate e altre che potrebbero essere ripristinate o istituite- ha detto l’ambasciatore Voight – Questo aiuterebbe la produzione cinematografica e televisiva e i nostri amati teatri, così importanti per l’esperienza delle famiglie americane”. Sia il sindacato attori SAG – Aftra che l’International Alliance of Theatrical Stage Employees che raccoglie le maestranze hanno rilasciato dichiarazioni misurate in risposta alla richiesta di Trump di introdurre dazi, esprimendo apprezzamento per l’attenzione dedicata alla questione senza tuttavia approvare la politica. Fino al prossimo annuncio social.

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