Crimini, violenza e serial killer. Alla Mostra di Venezia la cronaca è nera
Alla Mostra di Venezia tre film e due serie tentano di attraversare ciascuno con la propria cifra la cronaca nera e quella giudiziaria del nostro Paese, cercando di non restarne prigionieri. Il mostro di Firenze, la storia di Stefania Albertani, condannata per aver ucciso la sorella e quella della professoressa Gloria Rosboch, fatta sparire da un suo studente. Il racconto autobiografico, tra criminalità e pentimento dello ‘ndranghetista Antonio Zagari. E poi la ferita ancora aperta della grande ingiustizia inflitta a Enzo Tortora.
In un tempo in cui la cronaca nera invade quotidianamente i social e i talk show riducono i drammi a spettacolo, il cinema sceglie un’altra strada: non semplifica, non urla, ma prova a restituire spessore umano a ciò che la società consuma troppo in fretta. Si allontana dal sensazionalismo facile dei prodotti di largo consumo che da tempo hanno invaso le piattaforme, per interrogarsi piuttosto sulla fragilità dei rapporti, la violenza che abita nelle famiglie, gli errori di uno Stato che a volte redime e altre stritola, il mistero di un mostro che nessuno ha mai visto e tutti hanno temuto. A Venezia vedremo: Elisa — Io la volevo uccidere di Leonardo Di Costanzo, La Gioia di Nicolangelo Gelormini, Portobello di Marco Bellocchio, Il Mostro di Stefano Sollima, Ammazzare Stanca di Daniele Vicari.
Elisa-Io la volevo uccidere di Leonardo Di Costanzo, in concorso, trae ispirazione dal saggio dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali. La storia è quella di Stefania Albertani, (nel film Barbara Ronchi). Una lunga conversazione in cui la donna scandaglia la sua coscienza, scava nel ricordo. È un film che accetta il rischio di far parlare il “colpevole”, non per giustificarlo, ma per capire come un atto di violenza sia anche il risultato di un’intera storia personale e sociale. In un tempo rapido che cerca colpevoli pronti all’uso, Di Costanzo sceglie la lentezza dell’ascolto.
La Gioia di Nicolangelo Gelormini (Giornate degli autori) prende invece spunto dal delitto di Gloria Rosboch, ma lo trasfigura in una parabola universale. Non si mettono in scena i nomi reali, si racconta la storia di un’insegnante sola (Valeria Golino) e di un giovane studente (Saul Nanni) che la illude e la sfrutta. Il racconto di una ricerca d’amore che si dibatte tra bisogno e manipolazione. Nessun compiacimento morboso, ma la volontà da un lato di restituire dignità a una donna che la cronaca aveva ridotto a “vittima ingenua”, e dall’altro di mostrare le contraddizioni di un ragazzo fragile e spietato. Con Portobello, la serie di HBO Max di cui alla Mostra si vedranno i primi due episodi, Marco Bellocchio torna a scavare nel rapporto tra giustizia e media. Racconta di Enzo Tortora (Fabrizio Gifuni), arrestato, processato e infine assolto dopo un’odissea che lo ha consumato. Non è solo la storia di un uomo travolto da accuse infondate: è il racconto di come la televisione, i giornali e l’opinione pubblica possano trasformare un processo in un linciaggio. Bellocchio stesso lo ha detto: non si tratta di fare un santino, ma di mostrare come un sistema intero — giudiziario e mediatico — possa distruggere una vita.
Il Mostro di Stefano Sollima rievoca un trauma collettivo: quello dei delitti del Mostro di Firenze, rimasti senza colpevole certo dopo diciassette anni di terrore. La serie, su Netflix dal 22 ottobre, ripercorre le indagini, gli errori, le piste sbagliate. Ma più che cercare una verità definitiva — che non è mai arrivata — prova a raccontare come quella vicenda abbia segnato l’immaginario italiano: un Paese spaventato, ossessionato dal bisogno di un volto a cui dare la colpa, e allo stesso tempo incapace di ricostruire la verità. A loro si aggiunge Ammazzare stanca (sezione Spotlight) di Daniele Vicari, il titolo si riferisce al peso insopportabile che logora l’anima e rende impossibile la vita normale a chi, come Antonio Zagari (Gabriel Montesi), cresce figlio di un boss della ‘ndrangheta, per poi mettersi al servizio della giustizia. Una delle grandi scommesse Alla Mostra che s’apre il 27 agosto è restituire complessità a vite e vicende, fornire uno spazio in cui vittime e carnefici tornano persone.
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