Dada’: “Ecco il mio disco, anzi tre, portali magici tra fiaba e realtà”

“Farò sempre ciò che è ibrido. Sono una persona miscelata”. Dada’ si è presa il suo tempo e a tre anni dall’edizione di X Factor che l’ha vista tra i protagonisti, arriva il suo primo disco: Core in fabula, in uscita da venerdì 25 aprile. “Il titolo è un gioco di tante cose. Il Lupus in fabula è qualcosa di atteso. Io ho aspettato che spuntasse fuori tutto quello che avevo nel cuore. Ho stanato le mie emozioni. Spero di fare lo stesso con quelle di chi mi ascolterà”.

E come si stanno comportando le sue emozioni in questi giorni? “Dormo pochissimo. Reagisco così ogni volta che ho qualcosa di nuovo da proporre. Figuriamoci ora con il disco. Diciamo che sono una persona emotivamente molto attiva”.

Il disco uscirà in tre parti.
“Per la gioia del mio manager che non era molto d’accordo con un album triplo. L’ho pensato come un videogioco a livelli: sono tre portali magici”.

Se dovesse indicarci un tema principale?
“In realtà il filo conduttore è il racconto. E’ quello che mi dicono dall’adolescenza: ‘Sei brava a raccontare’. Sono partita da qui e ho messo insieme canzoni che avevo scritto a sedici anni e altre che ho realizzato ora, sulla soglia dei trenta”.

E tante canzoni sono fiabe ma non favolette.
“La fiaba non è qualcosa di necessariamente ‘bellino’. Cenerentola chiude la testa della matrigna nel baule, ma questo Disney non ce lo ha fatto vedere. Ho cercato di riprendere le radici folk-horror di tante fiabe”.

Il primo singolo dell’album è “Serpa”. Nel video c’è una donna in croce.
“Sì, una Crista. Quello è un racconto anche autobiografico. Come ogni donna ho dei lividi che mi hanno tolto il fiato per un po’. Serpa nasce da questo respiro difficile ed è una ricognizione del dolore delle donne. Volevo cantare con sofferenza prima che con ribellione”.

Si è chiesta se quelle immagini avrebbero potuto infastidire i credenti?
“Una delle mie migliori amiche, Romina, fa la suora missionaria. Mi ha insegnato a guardare la spiritualità con i miei occhi. E la spiritualità si conquista anche dissacrando”.

Da molto peso alla parte visiva della sua musica.
“Sarà perché ho avuto la fortuna e la sfortuna di passare tanto tempo con me stessa, il mio gioco preferito è dare forma alle cose, rappresentarle”.

I riferimenti alla tradizione napoletana, ai suoi simboli, sono tanti.
“Come si dice in città sono nata con ‘il culo nel paniere’, al centro storico. Da adolescente ho lavorato tanto per staccarmi da quelle radici. Meno male che non ci sono riuscita. Anche quando vado al di là del Po porto sempre con me ‘il palazzo’, i miei personaggi, le mie voci, l’atmosfera di quando ero bambina”.

La canzone che le fa ricordare l’infanzia?
“Aquilone degli Alunni del Sole”.

Come ha iniziato a fare musica?
“Da piccola canticchiavo come Bobby McFerrin: mi battevo il petto e cantavo a cappella. Il primo strumento è stata la batteria…”.

…immaginiamo le reazioni nel palazzo…
“Mamma me la tolse dopo due giorni. Passai alla chitarra perché la suonava un bimbo che mi piaceva, Andrea”.

Ha studiato o è autodidatta?
“Chitarra classica. Alla prima lezione mi presentai con la maglietta dei System of A Down, poi ho suonato Bach per sei anni”.

C’è sempre stata solo la musica o ha anche pensato di fare altro?
“Mai avuto un piano B. Al limite mi penso impegnata in qualche altra forma d’arte”.

Le piacerebbe il cinema?
“Mi piacerebbe. Anche non da attrice. Sono abituata a stendermi a letto con le cuffie e a immaginare la mia vita. Chissà, potrei farlo anche con le vite degli altri”.

Oltre ai System of a Down, altri idoli adolescenziali?
“Moloko, Mango, Bjork, Renato Carosone. E Monteverdi”.

La prima canzone che ha scritto?
“Ahe…”.

Coraggio.
“Si chiamava Destinazione Cuore Nord Est, ed era già un mash-up involontario: tra Grignani e Britney Spears. La composi in vacanza a Palinuro, facevo la coreografia con la mia gemella, Laura. Un giorno presi la cassa e il microfono andai al centro del paese per cantarla. Mi dicevo che se la gente si fosse fermata, avrei fatto la cantante”.

Il primo mash-up studiato?
“Senza giacca e cravatta di Nino D’Angelo con Shakira”.

Non ha approfittato subito della visibilità che le ha dato X-Factor.
“Non era il mio giochino. L’ho presa come una vetrina per fare capolino e dare un appuntamento”.

Ha quasi rifatto gavetta.
“Le fondamenta devono essere solide. Sia quelle tecniche che quelle emotive”.

Negli ultimi tempi sui social ha condiviso problemi di salute.
“Soffro di endometriosi. E anche sul palco devo fare i conti con questo. Sono esuberante ma il mio corpo non può muoversi più di tanto. Volevo raccontarlo al mio pubblico, raccontare il disagio e non chiudermi nel “si soffre in silenzio””.

Il rapporto con i social?
“Per fortuna non mi arriva merda. Al massimo qualche commento ‘sessuale’ in privato. Ma se prima provavo vergogna adesso vedo l’insicurezza e la fragilità identitaria dell’altro che si muove così e che vuole associare la mia arte a qualche parte del mio corpo”.

Si legge ormai ovunque della nuova scena musicale napoletana…
“…però un attimo. Non credo in questo ‘Rinascimento della musica a Napoli’. Da qui la musica non se ne è mai andata. Cambia la percezione di chi osserva. Non è un approccio molto rigoroso. De Simone lo criticava molto”.

E De Simone è Cassazione. Dati i tempi, mi sa che ci resta il calcio…
“Diciamo che se il Napoli vince sono contenta perché mio padre è felice e la città è più tranquilla”.

Sembra una risposta da tifosa della…
“Non lo dica neanche per scherzo”.

Ultima cosa: la canzone che si ritrova a canticchiare più spesso?
“Core ‘ngrato… sì, Core ‘ngrato”.

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