“Diamant brut”, l’ossessione per i reality e social: “Una fuga dalla povertà e riscatto sociale”
Diamant brut è uno sguardo penetrante sull’ossessione per l’immagine e la bellezza, la mitologia dell’apparire, sui social, visto dalla prospettiva di una diciannovenne di una banlieue per cui follower e reality sono l’unica forma di riconoscimento ma anche l’opportunità di cambiare la condizione economica e sociale sua e dalla famiglia.
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In concorso all’ultimo Cannes, firmato dall’esordiente francese Agathe Riedinger, gira intorno a un’attrice – Malou Khebizi – che è davvero un diamante grezzo. Nel film interpreta Liane, una diciannovenne che vive a Fréjus, nel sud della Francia, insieme alla madre disoccupata e alla sorellina minore. Ossessionata dall’apparire e desiderosa di diventare “qualcuno”, Liane vede nei reality show la sua occasione per ottenere riconoscimento e amore. Quando viene convocata per un provino nel programma televisivo Miracle Island, intravede la possibilità di realizzare il suo sogno. Abbiamo intervistato la regista e la protagonista in occasione dei Rendez-Vous parigini di Unifrance. Il poster del film è anche stato scelto come simbolo della edizione romana dei Rendez-Vous che si svolge in questi giorni al Nuovo Sacher e all’ambasciata.
Riedinger riflette sulla genesi del film racconta la sua personale ossessione per i reality show: “Sono una grande spettatrice di reality, li seguo sin dall’inizio e li guardo ogni giorno, quando posso. Sono quasi ossessionata. Ma ho sempre avuto una visione divisa: da un lato, resto scioccata dalla violenza con cui vengono costruiti questi programmi e dalla violenza sociale che diffondono, dal disprezzo di classe, dalla cultura dello stupro, dalla competizione spietata. E dall’altro, ho anche una sorta di ammirazione per le candidate, per il modo in cui si presentano al mondo con una femminilità molto forte, quasi come soldatesse. Da un lato, usano la loro bellezza per emanciparsi, dall’altro non posso ignorare il fatto che sono il risultato di un’antica imposizione patriarcale che dice che una donna ha valore solo se è bella. Questa contraddizione mi ha affascinata e ho voluto esplorarla. Il personaggio di Liane è stato il mezzo perfetto per farlo.”
Questi programmi, ormai da un decennio, hanno profondamente influenzato la prospettiva su mondo delle giovani generazioni come fa notare la regista che spiega come “il messaggio dei reality show è molto seducente: anche se non hai talento artistico, anche se non hai un’istruzione o un cognome importante, puoi farcela. È una sorta di favola. Ma il pericolo sta nel fatto che questi programmi non prendono sul serio questa promessa. Cercano candidati provenienti da contesti popolari, giovani che hanno subito traumi o abbandoni, persone pronte a tutto pur di ottenere una rivincita sociale. È qui che sta il pericolo.”
La bellissima e intensa Malou Khebizi, racconta di aver instaurato subito una grande connessione con il personaggio di Liane. “L’ho capita subito, perché sono cresciuta con i social media. E ho imparato presto a conoscerla e ad amarla. La sua sensibilità verso l’ingiustizia sociale, il suo coraggio nel combatterla, sono cose che mi hanno aiutata a entrare nel personaggio.”
Parlando del suo percorso come attrice, confessa di non aver in passato mai seriamente pensato alla possibilità di intraprendere questa carriera: “Non era qualcosa di evidente per me. Sono cresciuta in una famiglia modesta, quindi era difficile persino sognarlo. Il mio obiettivo principale era guadagnare i miei soldi, essere indipendente. Quando avevo 15 anni, mio padre mi ha iscritto a un corso di teatro per farmi fare amicizie, e lì ho scoperto che mi piaceva. Ma dopo il liceo ho lasciato tutto e ho iniziato a lavorare: nei locali notturni, nei ristoranti, facendo pulizie, lavorando con i bambini. Mi piaceva avere la mia indipendenza economica. Poi, un giorno, un amico mi ha mandato il casting di Diamant Brut, e ho pensato: ‘Questo personaggio potrei essere io’. Così ho inviato un video e tutto è iniziato.”
La regista interviene spiegando il lungo processo di casting: “Sapevo che era lei, ma era essenziale essere sicuri che il film, con tutta la sua violenza emotiva, non la schiacciasse. Ci sono voluti otto mesi di audizioni per capire che sarebbe stata in grado di affrontarlo.” Malou aggiunge: “Quegli otto mesi ci hanno permesso di conoscerci a fondo. Quando abbiamo iniziato a girare, eravamo già una cosa sola. E lo siamo ancora.”
Mentre riguardo alla reazione del pubblico, l’interprete dice: “Sapevo che il film avrebbe colpito la mia generazione, ma la cosa che mi ha più sorpresa è stata la reazione delle signore più anziane. Non ero sicura che avrebbero capito, ma ho scoperto che ogni donna, in qualsiasi generazione, ha subito lo stesso tipo di oppressione. Molte mi hanno ringraziata per aver raccontato la realtà delle donne comuni, senza idealizzazioni.” E a proposito del tema della visibilità e dell’autenticità nei reality interviene la regista: “Alla fine, tutto si riduce al desiderio di essere viste e riconosciute. Più si ricorre agli artifici – ciglia finte, seno rifatto, capelli finti – più si rivela la propria vulnerabilità. Più si cerca di mascherarsi, più si è autentici. È un bel paradosso, no?”.
E a proposito di Reality, il film di Matteo Garrone, film presentato al Festival di Cannes oltre dieci anni fa e incentrato su un giovane ossessionato dal Grande Fratello Agathe Riedinger svela: “L’ho visto durante la scrittura del film, ero un po’ in ansia perché temevo di trovare sullo schermo il mio stesso copione. Ma sono due film molto diversi. Ho amato il modo in cui Garrone racconta la devozione quasi religiosa del protagonista per la tv e la sua trasformazione radicale. Anche Liane, nel nostro film, aspetta una risposta che potrebbe cambiare tutto. L’attesa è crudele. Può farti impazzire.”
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