“Elettra”, il Sofocle di Giuseppe Argirò è una tragedia attorno a un tavolo di legno

Tutto comincia e finisce intorno al grande tavolo di legno, protagonista della scena a scandire il tempo e le passioni. Elettra di Giuseppe Argirò parte dal cuore dalla tragedia greca di Sofocle e contamina con la letteratura, la cronaca e i vissuti personali.

Elettra, eroina caparbia, tenera e forte, interpretata da un’intensa Micol Pambieri, apre la scena: è rannicchiata per terra quasi in posizione fetale a esprimere la sua angoscia che si consuma tutta nelle mura familiari, culla e carcere per sempre. Tenete a mente questa posizione perché si chiuderà come in un circolo della vita e della morte con la scena finale. Si aggira con lei per casa l’altra donna, tormentata e trasognata nelle sue vesti rosse, la regina Clitemnestra, vedova di Agamennone ucciso per sua stessa mano.

Una stupefacente Elisabetta Arosio che regala al suo personaggio una quantità di sfaccettature tali da farla ripensare al pubblico non solo come assassina di suo marito. È la mamma disperata di Ifigenia condotta al martirio da suo padre, l’amante appassionata dell’eroe Agamennone, padre e marito traditore dei suoi affetti più intimi.

Clitemnestra vive ormai la sua vita vera solo nel sogno. E se Egisto ora è al suo fianco, quasi si può dire che questo sia poco influente. Elettra e Oreste, suo fratello – il giovane Vinicio Argirò riempie il palcoscenico con la sua presenza che si impone – sembrano due adolescenti desiderosi di vendicare il padre, confusi e a tratti ingenui nella inconsapevolezza finale della loro azione. Oreste dice a Elettra “ma quindi non ti rivedrò più…”. Sembrano i ragazzi delle cronache dei quotidiani, dannati e immaturi pur nella grandezza del loro gesto: l’uccisione della mamma per mano di Oreste. Il padre è vendicato, la famiglia è finita, il figlio resta solo nella sua fuga. Elettra rimane, come una statua del dolore.

La scia infinita di sangue ha una testimone nell’altra sorella, Crisotemi, che oscilla tra l’amata madre e i fratelli assetati di vendetta. Una Melania Fiore perfetta nella parte che le compete di ragazza a cui non si addice il ruolo da eroina proprio della sorella, che infatti la spinge ad appoggiare il suo disegno per sposarsi e avere una vita piena e normale. Ma Crisotemi, nel suo sofferto equilibrio di affetti, non è meno eroica dei fratelli che scelgono di rompere il cerchio.

È la fine. Clitemnestra è morta pugnalata da suo figlio che è fuggito via. I suoi lunghi capelli castani scendono giù dal tavolo della nascita e della morte, Elettra si corica accanto a lei di nuovo in posizione fetale con la sua massa di capelli biondi. È lì che ha scelto di stare, lì che rimarrà per sempre. Incapace di staccarsi da lei – Clitemnestra madre, amante e assassina – incapace di vivere, incapace di morire.

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