Eternal, un viaggio senza ritorno ai confini del mondo e dell’umanità. In streaming su MYmovies ONE

Quante domande si pone Ulaa Salim? Autore da ogni angolo e prospettiva, produttore suo e di altri con la Hyaene Film, veterano del festival di Rotterdam, con il corto del 2015 Our Father’s Sons già metteva in fila una serie di quesiti sull’appartenenza civile e famigliare, finendo non per dare risposte ma per scegliere come dare quelle risposte.

E lo stesso, e ancora di più, ha fatto con il suo esordio nel lungo Sons of Denmark, che nel 2019 raccontava di un attentato compiuto nel 2025 alla metropolitana di Copenaghen e dell’ascesa di un politico ultra-nazionalista il cui orizzonte vitale (populista) era il rimpatrio (remigrazione) di tutti gli stranieri (musulmani) del suolo patrio…

Eternal – Odissea negli abissi, sempre scritto da lui, sempre prodotto da loro, aggiunge pagine su pagine al taccuino strabordante di interrogativi sulla contemporaneità che Salim redige, compulsa e seguita.

Basta elencarne le trame così sfacciatamente esibite: un terremoto al largo delle coste islandesi provoca l’apertura di una frattura nella crosta terrestre; ben presto la comunità scientifica comprende che questo misterioso evento sta accelerando il già compromesso riscaldamento globale, e così un’alleanza di paesi organizza una missione nelle profondità marine per richiudere la faglia e cercare di salvare l’umanità prima che sia – di nuovo – troppo tardi.

Misurando e non pesando, si stila così un elenco che spazia dalla centralità presente e futura del cambiamento climatico alla postura dei paesi nordici nei confronti delle attuali crisi globali, dalla pervasività dell’ecopessimismo e dell’ecoansia alle scelte antinataliste di singoli e intere comunità.

Eppure l’insieme che ne viene – sorprendentemente? – fuori, perché appunto misurato e non pesato, non è una pennellata distopica sugli istanti prima del collasso di una società come in Sons of Denmark, quanto piuttosto la testimonianza dell’ultimo tentativo, umano, empatico e consapevole, di tirare fuori la civiltà umana dal baratro in cui si è infilata.

Salim fa collidere tutto questo con la parabola emotiva di Elias e Anita, lui scienziato climatico, lei cantante, entrambi impegnati a scalare le pareti della loro vita prima da soli e ora insieme.

Ma qualcosa si sfilaccia, rimane indietro, e i due si allontanano per poi ritrovarsi nel momento più respingente e allo stesso tempo necessario – cioè quando il mondo sta per vedere compiuto il proprio destino.

Prima giovani innamorati, ora adulti distanti, Elias e Anita sono contemporaneamente tutto quello che di bello è capitato all’umanità e tutto quello che l’umanità si è fatta sfuggire, ma, come sempre, la redenzione o la caduta è in mano loro – o nostra.

È una sci-fi poco hard, quella di Eternal, eppure così contemporanea, stringente, qualcuno direbbe l’unica possibile adesso e per il futuro a venire, che per una volta sembra precipitare verso una sola visione, quella del collasso.

Ma, come in un altro film così distante eppure così vicino, il thailandese Uranus 2324, l’altezza emotiva e narrativa per raccontarla sembra essere soltanto quella di due persone che lottano per non vedere cancellata la propria storia, sia nelle profondità marine che nella lontananza dello spazio, perché tutto quello che sta in basso è uguale a quello che sta in alto, e il riscaldamento globale è una nostra colpa come anche una nostra soluzione

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