Francesca Comencini: “I tagli al cinema mettono a rischio posti di lavoro e la cultura del Paese”

ROMA – Francesca Comencini, regista e presidente di 100Autori, interviene sul taglio di 190 milioni per il 2026 e di 240 milioni per il 2027 al Fondo unico per il cinema e l’audiovisivo previsto dalla bozza della Manovra 2026 approvata venerdì dal Consiglio dei ministri e attesa in settimana in Parlamento. Tutto il settore del cinema e dell’audiovisivoè in allarme perché – secondo la bozza – Il fondo fissato ad oggi, dalla legge 14 novembre 2016, ”in misura non inferiore a 700 milioni di euro annui”, viene sostituito da ”in misura non inferiore a 510 milioni di euro annui per l’anno 2026 e a 460 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027”.

‘Il tempo che ci vuole’, il coraggio di Francesca Comencini: storia tenera e drammatica di un padre e di una figlia. La recensione di Alberto Crespi

Francesca Comencini, vi aspettavate dei tagli al Fondo così alti per i prossimi anni?

“C’è una premessa da fare, ed è questa. I sistemi di sovvenzione al cinema esistono in tutti i Paesi occidentali. Il cinema è composto da decine di migliaia di professioniste e professionisti molto qualificati, seri e onesti, che fanno questo lavoro con grande dedizione e rappresentano un’eccellenza italiana. Se nelle gestioni passate del tax credit ci sono state delle irregolarità o degli usi distorti — e sicuramente ci sono stati — è giusto denunciarli, indagarli e correggerli. Ma questo non può e non deve significare gettare ai cani l’onore di un’intera categoria. Non siamo qui a pietire sovvenzioni: è una questione di dignità, di rispetto per un settore che contribuisce in modo rilevante alla vita culturale ed economica del Paese”.

Manovra, straordinari detassati. Imposte su per diesel e affitti brevi

Lei ha parlato di un settore vitale, che dà lavoro a moltissime persone. In che modo i tagli paventati rischiano di intaccare questo equilibrio?

“I tagli previsti nella bozza mettono a rischio, in modo serio, non solo l’occupazione di migliaia di lavoratori e lavoratrici, ma anche — e direi soprattutto — il pluralismo delle voci e degli sguardi nel cinema italiano. Il diritto del pubblico a una narrazione plurale del Paese verrebbe fortemente compromesso. Ed è importante sottolineare che le risorse destinate al cinema non sono “regali”: sono parametrate alla ricchezza che il settore stesso produce. Parliamo di fondi pari all’undici per cento di quanto le aziende del comparto versano in tasse. Non sono soldi sottratti ad altri settori, ma una quota restituita a chi genera valore”.

Occhipinti: “I tagli all’industria del cinema, un danno per il Paese”

Quindi si tratta di un sistema che si autofinanzia in larga parte.

“Esatto. È un meccanismo virtuoso, tanto che è stato guardato e persino copiato all’estero. Il nostro tax credit è stato a lungo un modello. Il punto, semmai, è che questi fondi devono essere gestiti meglio di quanto sia avvenuto sinora, con regole certe e condivise. È quello che chiediamo da tempo: un tavolo di concertazione reale e continuativo, in cui pensare insieme la riforma del sistema, renderlo più trasparente e più equo”.

Tax credit, la Guardia di Finanza a Cinecittà per tre film: Siccità, L’immensità e Finalmente l’alba

Ci sono ancora margini di manovra per intervenire e mitigare i tagli?

“Sono nella bozza, ma confidiamo in una possibilità di dialogo. Tutte le associazioni — 100 Autori, Anac, WGI — chiedono che non ci siano decisioni calate dall’alto. Serve confronto, serve concertazione. E aggiungo: da quanto abbiamo potuto leggere, questi tagli colpirebbero il cinema italiano, mentre chi viene a girare dall’estero non verrebbe toccato. Questo significa che gli americani, o chiunque arrivi da fuori, potrebbero continuare a beneficiare delle agevolazioni, mentre noi verremmo penalizzati. È un paradosso: invece di produrre ed esportare, finiremmo per importare film agevolati girati in Italia”.

Qual è, secondo lei, il rischio più grande di questo scenario?

“Che venga meno l’idea stessa di eccezione culturale, che è un principio fondamentale riconosciuto in tutta Europa. Il cinema e l’audiovisivo non sono merci come le altre: il loro valore non può essere misurato soltanto in termini di profitto. Tagliare le risorse significa colpire la cultura popolare, quella che racconta il Paese e ne rappresenta l’identità. E non dimentichiamo che in questo momento, se guardiamo ai dati Cinetel, tra i dieci film più visti ci sono opere italiane di generi e stili diversissimi. È la prova che il pubblico ama questa pluralità e la riconosce come propria”.

C’è anche un tema legato alla promozione del cinema nelle scuole. Nella bozza si parla di una possibile riduzione dei fondi destinati a questo.

“Sarebbe un errore gravissimo. Il lavoro nelle scuole è fondamentale, oggi più che mai. In un’epoca in cui i ragazzi sono bombardati da immagini di ogni tipo, il cinema può essere uno strumento straordinario per creare dialogo, consapevolezza, curiosità. Ho partecipato a un’iniziativa in Francia — il Premio Palatine — con studenti che studiano l’italiano e amano il nostro cinema: lì ho visto quanto il contatto diretto con i film e con chi li fa possa accendere una passione autentica. Dovremmo fare lo stesso anche qui, volerci un po’ di bene come Paese e credere nel valore educativo del cinema”.

Condividi questo contenuto: