Gianmarco Tognazzi: “La supercazzola? Nacque alle 3 del mattino con Ugo ubriaco”
È una delle sequenze più famose della commedia all’italiana, una scena divertentissima citata spesso, un tormentone per quel che riguarda gli scherzi o meglio le zingarate. È la supercazzola di Amici miei, il film di Mario Monicelli con Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Duilio Del Prete, dove il Conte Mascetti (ovvero Tognazzi) prende in giro un vigile poco sveglio che finisce per fare la parte del “bischero”. Gianmarco Tognazzi ha raccontato come nacque la supercazzola al Festival Città Identitarie di Edoardo Sylos Labini, che si tiene questo weekend a Pomezia e che quest’anno rende omaggio a Sergio Leone e Ugo Tognazzi.
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“La supercazzola è cangiante e i termini, che non vogliono dire nulla, nascono in una notte brava, una delle tante dopo aver mangiato fino alle 3 del mattino a Velletri, dove devono determinare cosa avrebbe detto Ugo in questa scena – ha raccontato l’attore, figlio d’arte, e produttore di vino – C’era lo scherzo, cioè dire delle cose che non si capiscono prendendo in giro l’interlocutore, quindi c’era lo scherzo in generale, ma non c’erano i termini. Io solo dopo qualche anno, grazie ad un racconto di mia madre, scopro che completamente ubriachi, alle 3 di mattina – e siccome a casa nostra si beveva solo e unicamente quello che producevamo noi, quindi, anche il vino, che Ugo aveva chiamato il ‘vino della Tognazza’ che poi è diventata l’evoluzione che ho dato io sempre partendo da quelle vigne – pare che Ugo abbia iniziato a dire: ‘Allora scrivi. Eh? scrivi: tarapia. Terapia? No tarapia, e De Bernardi (Piero, sceneggiatore di Amici miei, ndr.) inizia a scrivere tarapia. Poi: tapioco. Tapioca? No, tapioco, come fosse Antani. E io quindi scopro che i termini della supercazzola vengono fuori grazie ad una ubriacatura e grazie ai vini che producevamo noi artigianalmente. Ed è questo il motivo per il quale i vini che io ho prodotto si chiamano Tapioco, Come se fosse e Antani, perché non è vero che è un omaggio che io faccio al film, ma è un omaggio che il film deve fare a quel vino che li ha inequivocabilmente aiutati quella sera alcolica a inventare i termini che sono rimasti iconici”.
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