Giovanni Allevi: “Mia sorella Stella era il mio angelo, a lei dedico il mio ritorno alla vita”
Il ritorno alla vita e soprattutto alla musica di Giovanni Allevi. In anteprima assoluta alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Special Screening, Allevi – Back to Life, il docufilm diretto da Simone Valentini e scritto insieme a Giovanni Allevi e Giovanni Amico. Un racconto intimo e poetico che segue il celebre compositore e pianista nel suo ritorno alla musica dopo la lunga battaglia contro la malattia. Guidato dalla voce dello stesso Allevi, il film intreccia musica, fragilità e rinascita personale, alternando materiali in presa diretta — prove, concerti, momenti di quotidianità tra ospedale e fisioterapia — a immagini d’archivio, interviste e ricostruzioni cinematografiche.
Al centro, la creazione del Concerto per Violoncello e Orchestra MM22, scritto in ospedale durante la degenza oncologica: una partitura nata dal dolore che diventa inno alla vita. L’uscita nelle sale è prevista per il 17, 18 e 19 novembre 2025 con Filmclub Distribuzione. Allevi sarà in concerto il 27 dicembre a Roma.
Che cosa significa per lei questo film che racconta la sua storia al pubblico?

“È un inno alla vita, un inno alla gioia di vivere. È il tentativo di cogliere la luce anche nel buio, la voglia — come direbbe un poeta giapponese — di vedere i fiori anche se stiamo camminando sull’inferno”.
Carolina Kostner ha detto di lei: “Se dovessi descriverlo a una persona che non lo conosce, direi una grandissima profondità che si unisce a una leggerezza rara”. Quanto bisogna essere profondi per saper regalare leggerezza?
“Domanda difficilissima. Però ha centrato il punto. Il segreto sta proprio in quello che ha detto: è una decisione. Quando il buio mi ha travolto con la diagnosi della malattia, avevo due strade davanti: cedere alla disperazione oppure tentare di osservare il mondo, la mia vita, con uno sguardo completamente nuovo. Questo “switch” è stato una scelta, indipendente dal dolore e dalla paura che mi attanagliavano. Ho voluto trasformare la sofferenza in luce, in gioia, in una nuova visione del mondo. Poi ho scoperto che stavo ripercorrendo le tappe di un antico percorso alchemico: gli alchimisti, ma anche Jung, raccontano che nella vita tutti incontriamo il buio, ma attraversandolo possiamo conquistare una consapevolezza nuova, una luce. Il passato e il futuro perdono importanza e il miracolo del presente diventa protagonista. Ecco, mi trovo in questa fase della mia vita, e il film racconta proprio questo percorso: prende per mano lo spettatore e lo conduce attraverso la stessa dinamica. Vorrei che alla fine si uscisse con il cuore gonfio di vita e lo stupore incantato di un bambino davanti alle piccole cose che l’esistenza ci regala”.
È anche un viaggio nel tempo, che ci riconsegna i suoi inizi, l’incontro con il talento. Quanto è stato importante per lei ricordare e riaffrontare quei momenti? Qual è il primo ricordo musicale che conserva?
“Ricordo il primo tasto abbassato sul pianoforte. Lo strumento mi veniva chiuso a chiave dai miei genitori, ma avevo scoperto dov’era nascosta la chiave e, in segreto, con il cuore palpitante, intraprendevo il viaggio tra i tasti bianchi e neri. Ho suonato di nascosto per anni, e non potrò mai dimenticare quella prima nota: la suonai con la paura di fare qualcosa di proibito. Ancora oggi la musica mi regala la stessa emozione, quella sensazione di sconfinamento. Come compositore, mi distacco da una tradizione classica straordinaria per affermare il presente, e lo faccio con tremore e gioia: è un rischio continuo che però mi riempie di vita”.
Ha dedicato questo film a sua sorella, Stella, scomparsa nel 2022.
“(sospira, la voce trema) Mi lasci un momento… sì, il film è dedicato a lei. Era il mio angelo. Se n’è andata poco dopo la mia diagnosi, aggiungendo sgomento al mio dolore. Aveva due lauree e un diploma in pianoforte. Ricordo la sua interpretazione della Sonata op. 110 di Beethoven, che mi suonava spesso. La sua profondità poetica e filosofica ha accompagnato tutta la mia vita artistica, soprattutto nei momenti di passaggio. Le sono infinitamente riconoscente. Mi leggeva il libretto della Turandot quando ancora non sapevo leggere; ascoltavamo l’opera sul divano, dall’inizio alla fine, ogni giorno. Mi ha introdotto alla poesia di Baudelaire, ai racconti di Hoffmann, alla filosofia di Habermas. È stata un maestro per me”.
Lei ha detto che la malattia le ha insegnato anche ad affrontare le critiche: come?
“Le critiche sono sempre una proiezione. Ogni volta che critichiamo qualcuno, in realtà stiamo parlando di noi stessi. Il mio spirito fanciullesco, infantile, non è mai stato accettato dal mondo accademico musicale, che tende a rimuovere questo lato della personalità. Io invece lo custodisco, e questo mi ha attirato critiche feroci, più verso la persona che verso la musica. Mi hanno accompagnato per trent’anni. Paradossalmente, la malattia ha spazzato via tutto. Ora vivo con gioia assoluta il mio rapporto con la musica, con la mia fragilità, con il mio essere infantile. Capisco anche le dinamiche psicologiche dietro certi attacchi, e ne sorrido con compassione. La presa di distanza dal giudizio degli altri è il dono più grande che la malattia mi abbia fatto”.
E poi c’è questo legame diretto con le persone, in Italia e nel mondo. Che cosa le trasmettono? Cosa le dicono?
“Quando mi incontrano, sentono che possono fidarsi totalmente. Mi raccontano le loro difficoltà, una malattia, un lutto… e io rispondo con un abbraccio. Piango anch’io. È bellissimo, in un mondo così violento e poco rispettoso della dignità umana, ritrovare la tenerezza che abita in fondo all’anima”.
Un momento buffo o tenero legato al film?
“Quando ho rivisto i professori d’orchestra dopo tre anni, loro sapevano cosa avevo passato. Durante le prove del Folle vorticoso, il momento più gioioso del concerto, li incitavo a sorridere! Li rimproveravo non tanto per l’esecuzione, ma perché non stavano sorridendo. Si è creato un legame meraviglioso tra me e loro, un’energia reciproca che mi fa sentire un privilegiato ad avere accanto musicisti così appassionati e affettuosi”.
I suoi capelli accompagnano la sua storia, cambiano colore e forma, sembrano seguire la sua musica.
“Sì! Sono orgogliosissimo dei miei nuovi capelli, che seguono davvero le onde della musica”.
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