“Going Underground”, il doc sui Gaznevada che racconta l’Italia ai tempi del punk
Bologna, metà anni Settanta: parte da qui la rivoluzione del punk Made in Italy. Ci sono gli Skiantos, i Wind Open, i Luti Chroma, il Confusional Quartet e la band forse più celebre, i Gaznevada. Un gruppetto di guastatori rock protagonista di una vicenda contraddittoria ma emblematica del clima di un’epoca. Alla storia dei Gaznevada è dedicato il documentario Going Underground, diretto da Lisa Bosi (Wanted Cinema e Sonne Film), in questi giorni nella sale italiane.
Le immagini e il racconto dei protagonisti permette una immersione nella Bologna dei primi anni 70, vero laboratorio di una rivoluzione destinata a incidere sulla scena culturale italiana. Sono gli anni delle proteste del Movimento studentesco, delle pistole ai cortei, della scoperta del punk inglese e americano, delle prime etichette indipendenti come Harpo’s Bazar e Italian Records, del bisogno irresistibile di riscrivere la grammatica musicale (e non solo) che porti la scena italiana fuori dalla bolla dei cantautori.
Gli spezzoni raccolti da Bosi ci portano dentro la realtà della Traumfabrik (in tedesco “Fabbrica dei sogni”), una casa occupata che diventa in breve un laboratorio di idee avanguardiste in cui agivano anche Filippo Scozzari e Andrea Pazienza. Anni in cui si pensa all’arte come grimaldello per una rifondazione dei linguaggi, in cui il pensiero che fa da asse portante è “stare fuori del mercato”.
Il racconto diventa emblematico quando, dopo gli anni del furore (e dell’eroina, che purtroppo in tutta questa vicenda rappresenta una traccia narrativa parallela), i Gaznevada decidono di cambiare rotta, abbracciando l’elettronica in stile new wave, poi l’italodisco e infine il pop vero e proprio nel dichiarato intento, tra abbandoni e cambi di formazione, di diventare ricchi e famosi.
Il lavoro di Bosi perché scava in un’epoca raccontata sempre con superficialità: le idee degli anni bolognesi sono ancora oggi attuali e che il clima febbrile di quel periodo ha prodotto idee di fondamentale importanza. La narrazione dei protagonisti è onesta fino alla spietatezza, merito da non sottovalutare. I tanti filmati recuperati offrono una fotografia di un’epoca frenetica, per certi versi pericolosa, portatrice però di un impeto creativo mai più ripetuto.
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