“Hedda” versione queer con Thessa Thompson. La regista Nia DaCosta premiata alla Festa di Roma
Il dramma di Henrik Ibsen del 1891 Hedda Gabler rivive in una nuova versione queer della regista afroamericana Nia DaCosta, dal 29 ottobre su Prime Video. Premiata alla Festa di Roma, a soli 35 anni ha già realizzato cinque film tra cui l’horror Candyman, il blockbuster The Marvels, nel 2026 uscirà il film di zombie 28 anni dopo: Il tempio delle ossa. “Amo i grandi film alla Marvel, è molto divertente avere a disposizione, gru, attrezzature di ogni tipo, una troupe enorme e costumi meravigliosi – dice la regista – ma amo i film piccoli che puoi tenere in una mano. Hedda l’ho scritto, diretto e prodotto, ne ho avuto il pieno controllo. Contemporaneamente mi hanno chiesto di dirigere 28 anni dopo sequel di un film che è stato la mia formazione, non potevo dire di no”.
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Intanto presenta alla Festa di Roma il suo film più personale frutto di un colpo di fulmine dai tempi del Royal Central School of Speech and Drama di Londra, una riflessione sul potere, la manipolazione, le dinamiche dell’alta società. Hedda, la magnifica “valchiria” Thessa Thompson, è una donna tormentata dal suo passato, figlia illegittima di un generale, sposata a un giovane accademico che tenta di fare carriera e per assecondare la moglie ha acquistato una grande villa che non può permettersi e per inaugurarla ha organizzato una grande festa a cui partecipano gli ospiti più diversi: i colleghi dell’Università come gli amici bohemien di Hedda. In una girandola di musica, alcolici, balli sfrenati, sesso e armi che appaiono e poi scompaiono nel corso della notte. “Noi in America diciamo tutto gira intorno al sesso tranne il sesso che è una questione di potere, potere e desiderio vanno di pari passo. Hedda è bella e interessante e usa questo per ottenere il suo potere”.
Hedda, l’opera di Ibsen in un film con Thessa Thompson su Prime Video
“Ho scelto questa pièce per il fascino che Hedda esercita su di me da molti anni – ha detto DaCosta – credo che si possano avere punti di vista diversi sul personaggio, c’è chi sostiene che quello che fa è crudele ma lei è anche profondamente vulnerabile. Non volevo assolutamente con questo film dimostrare che le donne siano le peggiori nemiche delle donne, tutti sono in lotta per ottenere il potere, si pestano i piedi a vicenda e farebbero di tutto per uscire dalla piscina prima di affogare. I proprietari della grande villa dove abbiamo girato mi hanno detto che Hedda è pazza e cattiva, sicuramente è un’antieroina. Mi capita anche però che spettatori usciti dalla proiezione mi dicano “Io sono Hedda”. D’altronde Hedda è divertente, fa bellissime feste. Ci ricorda alcuni nostri impulsi che abbiamo ma cerchiamo di addomesticare”.
Incarna Hedda, con sensualità e una recitazione piena di sfumature, l’attrice di Creed e Thor Tessa Thompson. Oltre a lei un cast che spinge sulla femminilità: il rivale del marito di Hedda, nella versione del drammaturgo norvegese Ejlert Løvborg, diventa una donna, la dottoressa Eileen Løvborg, che ha appena scritto un libro sul sesso, intelligente, audace e lesbica, tendente all’alcolismo. La interpreta Nina Hoss (Tàr, Jack Ryan). Conclude il triangolo queer Imogen Poots che nel film è Thea Clifton, nuova fiamma di Eileen, che da mentore è diventata per lei coautrice del misterioso manoscritto. Quando Eileen arriva alla villa per incontrare il professore Greenwood che dovrà decidere a chi dare la cattedra, se a lei o al marito di Hedda, tiene stretta a sé la cartella con il prezioso lavoro di mesi, il libro che le permetterà di ottenere il riconoscimento ma durante un momento di concitazione il manoscritto scompare.
“Ho scelto di trasformare il personaggio di Løvborg da uomo a donna perché volevo spingere sul tema della libertà di essere se stessi. Volevo conservare la bellezza del testo originale, ma portarlo più vicino a noi”. Per questo l’ambientazione nell’America degli anni Cinquanta, nella società perbenista di quell’epoca che solo apparentemente accetta una donna in un consesso esclusivamente maschile come quello dell’Università. Secondo la regista Hedda “vive in una gabbia che abbiamo esplicitato nel corsetto che porta, il suo corpo è una gabbia, il fatto che sia di colore, la pressione del padre e la sua educazione. È una gabbia anche questo matrimonio che sceglie anche se non c’è amore per avere la sicurezza. Anche l’altro grande testo di Ibsen Casa di bambola racconta proprio di queste gabbie”.
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