“Ho visto un re”, Edoardo Pesce e l’innocenza di un bambino nell’Italia fascista del ‘36
ROMA – Lo sguardo di un bambino cambia tante cose e quello di Emilio, bambino degli anni Trenta, in questo film le cambia parecchio. Questo il punto di vista di Ho visto un re diretto da Giorgia Farina, titolo mutuato da Jannacci anche se, come ammette l’autrice, “non c’entra nulla con il film” che arriva insala dal 30 aprile (Medusa), ed è una commedia ispirata a vicende realmente accadute.
Ambientato nel 1936 con l’Italia fresca di vittoria in Etiopia, il film segue le vicende del bambino Marco Fiore, figlio del podestà, che vive con i genitori in una grande villa in campagna a Torre del Greco e diventa amico di un principe guerriero etiope, Abraham Imirrù, Gabriel Gougsa, confinato dai fascisti nella voliera del giardino del podestà stesso in attesa che collabori con il regime. Per il ragazzino quella strana figura abbigliata con vistosi colori non è altri che il suo mito ed eroe Sandokan, ma non la pensa così suo padre, il podestà interpretato da Edoardo Pesce, perfetta caricatura dei piccoli gerarchi dell’epoca con tutto il loro provincialismo, la volgarità, le espressioni denigratorie come “negro” e “frocio”. Edoardo Pesce nel 2019 ha vinto il David di Donatello per il miglior attore non protagonista nel pluripremiato Dogman di Matteo Garrone.
Pesce interpreta un campione di maschilismo sposato con una donna-vittima, Sara Serraiocco, che cerca una sua personale fuga nell’arte della pittura. “Certo che mi sono divertito a fare questo personaggio un po’ trumpiano e maschilista, un uomo che mi ha fatto anche molta tenerezza perché non si evolve mai – racconta l’attore – rappresento il fascismo in tutte le sue sfumature mentre il principe mi ha ricordato la canzone Bocca di rosa di Fabrizio De André, una figura che sconvolge l’equilibrio di un paesino chiuso nelle sue abitudini”.
Dice la regista Giorgia Farina (Amiche da morire, Ho ucciso Napoleone e Guida romantica a posti perduti): “Questo film nasce da una storia vera raccontata da Nino Longobardi ne Il figlio del podestà, una storia di crescita, di patriarcato dove tutti sono in un modo o nell’altro in gabbia e c’è chi si libera e chi no. Ho scelto di realizzare questo film perché ho trovato lo straordinario nel reale, in una storia vera che sembra quasi impossibile da credere. Ora raccontarla attraverso gli occhi di un bambino mi ha permesso di trasformare il dramma in meraviglia. L’uso di certe parole poco politicamente corrette come ‘negro’ e ‘frocio’ non potevo non metterle, faceva parte della cultura di allora”.
“La parola ‘negro’, l’odio verso gli omosessuali fanno parte di una scrittura coraggiosa, quello che ho cercato di fare è stato alla fine un finto cattivo, uno che fa le cose perché segue un sistema più che per sua consapevolezza” conclude Edoardo Pesce. Nel cast del film, una produzione Stemal Entertainment con Rai Cinema, prodotto da Donatella Palermo, coprodotto con la francese Les Films d’Ici, e realizzato con il contributo del MIC – Dg Cinema e Audiovisivo e con il sostegno della Regione Lazio, ci sono anche: Marco Fiore, Blu Yoshimi, Giulio Forges Davanzati, Elisa Di Eusanio, Lino Musella (nei panni di un omosessuale che sconvolge gli equilibri del paese) e Gaetano Bruno.
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