I Negrita e le “Canzoni per anni spietati”: “La nostra resistenza poetica al mondo”
ROMA – Un album fatto di onde, pause e riprese: il disincanto e la speranza. La resistenza poetica dei Negrita, Paolo “Pau” Bruni, Enrico “Drigo” Salvi e Cesare “Mac” Petricich, è un fatto di pelle, pancia e rock’n’roll che riparte dal folk, quello delle origini e del suo sguardo all’attualità, per riversarsi nelle tracce del nuovo album Canzoni per anni spietati, in uscita il 28 marzo. “Già ci vedo censurati / ma non m’importa che vuoi fare /del resto, ho gli occhi per vedere e una lingua per parlare”. Il manifesto di una generazione, tra consapevolezza di non essere riusciti a fare abbastanza e incertezze sul mondo che ci aspetta. I Negrita sono una rock band toscana che si è formata all’inizio degli anni Novanta a Marcena, frazione del comune di Arezzo (hanno festeggiato a settembre del 2024 i trent’anni di carriera). Prendono il loro nome dal brano dei Rolling Stones Hey! Negrita.
“Abbiamo voluto affrontare l’album partendo da un’attitudine folk – ha raccontato Pau – per dare più attenzione alla parola. La pandemia ci aveva tarpato le ali e per noi che ci esprimiamo con la musica è stato un passaggio pericoloso. Nel momento di tornare a scrivere, lo abbiamo fatto con la consapevolezza di quello che volevamo dire”. Se Nel blu, prima in scaletta, dichiara gli intenti dei Negrita oggi, Noi siamo gli altri è il pugno nello stomaco che non fa respirare. L’occasione fisica e mentale giusta per fermarsi e pensare. Parole che schiacciano e riff di chitarra che spiazzano. “E siamo liberi, i liberi pensatori – cantano i Negrita del 2025 – siamo i figli, siamo i genitori che non si arrendono mai”.
“Le canzoni questa volta sono nate in poco tempo – ha detto ancora Pau – per l’urgenza che avevamo di dire certe cose. Questo lavoro è il nostro atto di resistenza poetica, con il quale cerchiamo di capire il nostro ruolo, quasi cinematografico, nella quotidianità di oggi. E’ un concept album nel senso che ha un flusso di narrazione dall’inizio alla fine, con alti e bassi, tutti voluti”. La densa (di cuore, poesia e chitarre) scaletta di Canzoni per anni spietati è un atto di libertà creativa e di pensiero. Ci sono anche due omaggi, uno a Viva l’Italia di Francesco De Gregori e l’altro a Bob Dylan sulle note di Song to Dylan. “E’ un omaggio ad un modo di fare musica – ha spiegato la band – e a Dylan che, a sua volta, nel primo album aveva fatto omaggio a Woody Guthrie con la sua Song to Woody. Abbiamo espresso il nostro senso di gratitudine verso quel modo di raccontare con le canzoni”.
Ci sono onde, pause e riprese, per uno sguardo che abbraccia il mondo, passando per i racconti di Ama o lascia stare, Buona fortuna e Dov’è che abbiamo sbagliato. “Quello che è successo durante il Covid – ha commentato Drigo – poteva portare ad un momento di presa di coscienza umana e invece ne siamo usciti ancora più divisi. Facce diametralmente opposte sostenute da fazioni, che a loro volta sostengono la propria posizione radicale, odiando l’altra”. Nell’ultimo brano dell’album, Non si può fermare, è proprio Drigo a cantare, a proposito della ripresa inarrestabile, dopo il buio.
Tutto si muove con un ciclo di onde, che si ritirano e poi tornano a salire. Sempre. Un flusso di coscienza musicale, quello della band aretina, inteso al modo dei Negrita. “Questo disco è analogico che più analogico non si può – ha svelato Pau – e fatto con strumenti di legno e ferro. Con attrezzi che sono poco più di una clava e un tamburo. Non volevamo fare un album, poi invece ci siamo trovati a farlo, quasi per magia. Volevamo arrivare alla meta di esprimere quello che sentivamo, con un linguaggio semplice ed emozioni chiare, in una società sempre più disumanizzata”. A partire da aprile le canzoni del nuovo album saranno anche protagoniste del tour che porterà i Negrita nei principali club italiani. Partenza l’8 aprile dall’Atlantico di Roma e termine l’1 e 2 maggio al Vox Club di Nonantola. Nel mezzo, Napoli, Ravenna, Milano, Firenze, Venaria, Brescia, Padova e Rovereto.
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