Il Concertone del primo maggio compie 35 anni: ecco i dieci momenti indimenticabili
Non c’è Concertone del Primo Maggio senza polemiche e provocazioni, è vero. Ma non ce n’è neanche senza grandi esibizioni, ospiti internazionali, set che in mezz’ora racchiudono mezzo secolo di canzone popolare e cultura condivisa. È questione di equilibri, luci e ombre. A 35 anni dalla prima volta in Piazza San Giovanni, ecco i dieci momenti più memorabili, in tutti i sensi, dell’ormai classico appuntamento organizzato da CGIL, CISL e UIL per la Festa dei Lavoratori.
Elio e le Storie Tese (1991)
Seconda edizione ed è già tempo di polemiche. Sarà che la Prima Repubblica è agli sgoccioli, sarà che sono anni in cui la scena underground, in Italia, non fa sconti. I Gang, un gruppo punk, invitano il pubblico allo “sciopero generale” contro il governo Andreotti, e fin qui tutto relativamente nella prassi. Ma Elio e le Storie Tese, allora davvero schegge impazzite, rilanciano: partono con la loro Cassonetto differenziato per il frutto del peccato come da accordi, ma dopo pochi secondi inscenano un “dirottamento” su Ti amo, un inedito – Elio ha il testo in mano, su un foglio – in cui elencano gli scandali che avevano coinvolto la politica di allora e che erano finiti insabbiati. Al “ti amo Ciarrapico”, ovviamente ironico, scatta la censura, con Vincenzo Mollica costretto a improvvisare un collegamento dal backstage per coprire le immagini della sicurezza che si porta via il gruppo. Fu vera censura.
Fabrizio De André e Roberto Murolo (1992)
L’unica volta di Faber in Piazza San Giovanni non poteva che essere memorabile. Da borghese prestato al popolo qual era, e da irregolare, con il chitarrista napoletano Roberto Murolo canta Don Raffaè, una filastrocca dedicata al boss camorrista Raffaele Cutolo in cui denuncia la situazione delle carceri italiane e la connivenza dello Stato con la criminalità organizzata. Un momento eretico, o comunque non del tutto allineato alla narrazione classica intorno alla Festa dei Lavoratori. Ma è De André.
Franco Battiato (1992)
Che edizione, quella del 1992. Per la prima volta c’è anche Franco Battiato, che a San Giovanni tornerà in futuro, ma sempre in vesti più tradizionali, di piazza. Qui no: canta Prospettiva Nevski accompagnato solo da un pianoforte, in collegamento direttamente dal Teatro dell’Opera, per l’occasione deserto. Surreale.
Lou Reed (1994)
C’è stato un tempo in cui l’asso nella manica del Concertone era ogni volta una star internazionale diversa – all’epoca, gli ascolti e i nostri gusti non erano ancora così autarchici, basta guardare le classifiche. Lou Reed è stato in Piazza San Giovanni due volte, nel 1994 e nel 2000, ma la prima resta insuperabile: sette brani storti e sporchi come solo lui sapeva, da solo con la chitarra elettrica, tra un “arrivederci” masticato, I’m waiting for the man direttamente dai Velvet Underground e Walk on the wild side in duetto con un pubblico, semplicemente, ammaliato.
Radiohead (1995)
Thom Yorke e soci prima di Ok computer, prima della fama di santoni del rock, prima di tutto. È appena uscito The bends, il secondo album, quello con cui cominciano a distruggere l’immagine “della band di Creep”. Così salgono sul palco senza troppe aspettative da parte del pubblico, ma bastano una manciata di secondi per realizzare di essere davanti a un gruppo dal talento immenso. Il resto è Storia, ma uno dei meriti del Concertone è proprio quello di aver fotografato certi artisti nel momento esatto in cui stavano per esplodere.
Oasis (2002)
L’unica comparsata dei fratelli Gallagher insieme al Concertone (Noel sarebbe tornato da solista) risale al 2002, ai tempi di Heathen Chemistry. Nonostante sia un disco di passaggio e l’ispirazione in quel momento non sia granché, i due tirano fuori una performance memorabile, vuoi per la presenza di un classico come Don’t look back in anger in scaletta, vuoi per il pubblico italiano, storicamente caloroso nei loro confronti. E se la reunion, per il 2026, passasse anche da Piazza San Giovanni?
Daniele Silvestri (2003)
“Se c’è una guerra di cui vorrei parlare, è quella che il nostro governo in questo momento sta dichiarando alla magistratura italiana”. È il 2003 e Daniele Silvestri introduce così una versione avvelenata e sentita di Il mio nemico. Il riferimento è, ovviamente, a Silvio Berlusconi. Negli anni dell’editto bulgaro, tutto ciò vale la scomunica da parte dei vertici Rai e, soprattutto, l’arrivo della censura sul Concertone, che nel 2004 verrà trasmesso con venti minuti di differita, per operare gli opportuni tagli. Frankie hi-nrg ovvierà parlando attraverso dei rebus: “Tempo che li risolvono, saremo già in onda”.
Vasco Rossi (2009)
Una tradizione nella tradizione del Concertone è quella che vuole, ogni tanto, uno spazio dedicato a uno dei big della musica italiana, la cui sola presenza, per di più con un set lungo, è in qualche modo già un omaggio alla Festa dei Lavoratori stessa. È successo con Zucchero, Ligabue, con Gianna Nannini seduta sopra un trono. Ma Vasco Rossi è un’altra cosa e, quando nel 2009 arriva a Piazza San Giovanni, sembra che atterri un’astronave: l’area si riempie di migliaia di fan fin dalla mattina e, per come viene vissuto dal pubblico, sembra perfino più grande dell’evento stesso che lo ospita. Troppo? Chissà L’inno antibellicista di Gli spari sopra resta il momento topico.
Lucio Dalla e Francesco De Gregori (2011)
Ai tempi di Banana Republic, lo storico tour che mise insieme Francesco De Gregori e Lucio Dalla all’apice del proprio successo, traghettando la musica italiana negli anni ottanta, il Concertone non c’era ancora. Ma visto che questo tipo di appuntamenti è anche figlio della loro rivoluzione – che ha aperto alla stagione degli stadi, che dura tuttora – eccoli chiudere un cerchio nel 2011, con Work in progress, il progetto della reunion. L’aria è quella dei venerati maestri e il repertorio nel frattempo si è infittito ancor di più ed è diventato, davvero, di tutti. E anche il mondo intorno è cambiato. Ma non è troppo tardi, anzi.
Patti Smith (2020)
È il 2020, gran parte del pianeta è in lockdown, la pandemia ha messo l’Italia in ginocchio e il Concertone, semplicemente, non si può fare. O meglio: si fa, ma arrangiandosi come si può. Si parte con Ambra Angiolini, che conduce, in una San Giovanni vuota; poi è un susseguirsi di collegamenti in streaming, palchi improvvisati, dirette domestiche. Finché non arriva Patti Smith, da sempre legata al nostro paese, a dare forza a tutto: in un video canta Grateful direttamente da casa, con la figlia Jesse al pianoforte. I musicisti saranno gli ultimi a ripartire dopo la pandemia.
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