Il film Conclave, il thriller su ciò che succede dopo la morte di un Papa

Intrighi, macchinazioni, colpi di scena e un finale sorprendente. Conclave, il film del regista svizzero Edward Berger, tratto dal thriller di Richard Harris è un film di pura fantasia ma è intrigante perché ricostruisce nei dettagli quello che avviene a porte chiuse quando muore un Pontefice. Quando è uscito nelle sale italiane il 19 dicembre poche settimane prima del ricovero del Papa non avremmo mai immaginato che nel giro di pochi mesi sarebbe potuto essere d’attualità.

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Il film immagina che dopo la morte improvvisa dell’amato e compianto Papa, il Cardinale Lawrence (Ralph Fiennes) è incaricato di dirigere la nuova elezione. Una volta che i leader più potenti della Chiesa Cattolica si riuniscono e si chiudono nelle segrete sale del Vaticano, Lawrence si ritrova intrappolato in una rete di intrighi, tradimenti e giochi di potere. Un oscuro segreto viene alla luce, minacciando di scuotere le fondamenta stesse della Chiesa. Per chi è interessato a vederlo sulle piattaforme si può noleggiare o acquistare su Prime Video, Apple tv+ e Timvision.

Ralph Fiennes interpreta il decano del Collegio cardinalizio con il compito di supervisionare questo conclave, personaggio che nel libro è un italiano chiamato Lomeli. “Il Vaticano del nostro film è pieno di figure manipolatrici e piuttosto oscure che fanno cose dubbie – aveva detto all’epoca dell’uscita in sala Fiennes – C’è ambizione e un po’ di corruzione, ma non si tratta solo di macchinazioni politiche. Soprattutto per Lawrence, la questione è chi sarà il giusto leader spirituale”.

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Emergono diversi favoriti, tra cui i cardinali Bellini (Stanley Tucci) del Vaticano, Trembley di Montreal (John Lithgow), Tedesco di Venezia (Sergio Castellitto) e Adeyemi della Nigeria (Lucian Msamati), che potrebbe diventare il primo papa africano della storia. Mentre uno dei pochissimi personaggi femminili del film è interpretato da Isabella Rossellini nel ruolo di Sorella Agnes. Candidato a otto premi Oscar, Conclave ha portato a casa la statuetta per il miglior adattamento, vinto dallo sceneggiatore Peter Straughan.

Per la costruzione del personaggio del decano Lawrence, l’attore inglese tre volte candidato agli Oscar (Il paziente inglese, Shindler’s list e Conclave) si è affidato alla sua formazione cattolica e alla figura di sua madre, fedele convinta. “Raccontare una crisi di fede è qualcosa di difficile da definire, io mi sono affidato all’intuito, mi sono fatto guidare dal mio regista – ci ha detto a Roma a ottobre quando il film è stato presentato alla Festa del cinema – Ho seguito gli impulsi che sentivo dentro di me: ho letto, ho riflettuto, ho parlato con molti sacerdoti tra cui un paio di cardinali. E poi ho approfondito le questioni filosofiche con le persone che se ne occupano quotidianamente, faccio molta fatica a mettere in parole il processo di come tutto questo poi sia diventato il personaggio del decano Lawrence: ho indossato la veste talare e sono diventato lui. I segreti della recitazione sono semplici: raccogli tante informazioni sul tuo personaggio, apri il tuo spirito a cosa c’è scritto sulla pagina che è sempre il tuo punto di riferimento, fai attenzione a cosa ti chiede il tuo regista e poi segui il tuo istinto. Non è una scienza esatta ma tutte queste cose ti portano a sentire qualcosa, tutto sta nell’essere pronti ad accogliere questo sentimento”.

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Il regista aveva spiegato perché il film risuona molto anche al di là dell’ambiente della Chiesa cattolica. “Noi registi non vogliamo vivere in una bolla, ogni volta che facciamo un film cerchiamo di parlare della società nel complesso – ha detto Berger – La battaglia per il potere va avanti da sempre dentro ma anche fuori la Chiesa, mi interessava però raccontarla come un distillato in questo ambiente molto piccolo, molto chiuso. Che è il voto segreto del conclave. Ogni cardinale rappresenta una fazione politica diversa e ognuno di loro è una metafora per una discussione che si ritrova nel mondo esterno al Vaticano, viviamo tempi molto polarizzati, le persone si scontrano e tendono a non ascoltare gli altri. E il nostro protagonista ha il difficile compito di cercare la verità, di trovare la persona giusta per un ruolo così delicato che ci porti verso un futuro più luminoso”.

Tra i tanti cardinali c’è anche il potente e ambizioso cardinale Tedesco, una figura che incarna l’anima conservatrice del Vaticano. “Tedesco è anche il più coerente – diceva Sergio Castellitto a ottobre – la guerra di religione il film la racconta. Una guerra che prende diverse strade: c’è chi è più interessato al potere dell’interesse economico, chi al potere tout court. Era tanto che io non stavo sul set e sentivo una comunanza con straordinari attori e un regista che ha saputo tenere un guinzaglio lungo dentro un disegno che lui controllava molto bene. È stato bello superare il problema della lingua con un inglese che diventava latino e latino che diventava italiano. C’è stata una comunanza di rapporti tra gli attori che hanno saputo raccontare la parte sommersa di ciò che c’è dietro le parole”.

Non potendo – ovviamente girare in Vaticano – il regista austriaco – svizzero (Niente di nuovo sul fronte occidentale) ha ricostruito a Cinecittà la Cappella Sistina e la Casa Santa Marta per ricreare il Vaticano nel momento più simbolico e pieno di significato di ogni Papato.

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