Il Lunedì del Cinema: online il 17 marzo Sing Street, un’avventura romantica e musicale nella Dublino anni ’80
Giovinezza e musica sono il connubio perfetto per sognare. Ce l’ha ben chiaro in testa il regista irlandese John Carney — autore tra gli altri del piccolo cult Once (2006), Tutto può cambiare (2013) con la coppia Keira Knightley e Mark Ruffalo, e della serie Modern Love (2019) con Anne Hathaway — il quale affonda nei propri ricordi dell’adolescenza per girare Sing Street (2016), riuscita miscela di commedia sentimentale, coming of age nostalgico e film musicale.
A Dublino, a metà degli anni Ottanta, si fanno sentire gli effetti della crisi economica. Il quindicenne Conor (Ferdia Walsh-Peelo) suona la chitarra nella sua cameretta per non sentire litigare tutti i giorni i genitori che presto divorzieranno.
Siccome i soldi scarseggiano, Conor deve cambiare scuola e si trasferisce in un istituto cattolico dove rischia di essere preso di mira da un bullo e dal severo preside.
Ma fa pure nuove amicizie, ragazzi che con lui condividono attivamente la passione per la musica, e conosce Raphina (Lucy Boynton), ragazza con un anno in più di lui e due occhi azzurri grandi come il mare, che una famiglia non ce l’ha nemmeno e sogna come Conor di andarsene a Londra alla ricerca di una vita migliore.
Per fare colpo, Conor forma una band — i Sing Street, appunto, storpiando il nome della scuola Synge Street — e propone a Raphina di partecipare ai loro videoclip, ispirati da quelli trasmessi in televisione.
Da lì comincia un’avventura romantica e musicale che porterà Conor a crescere trovando l’amore e volando con leggerezza oltre gli ostacoli. Nel film di John Carney ogni problema può trasformarsi in opportunità, sulla scia di un ottimismo contagioso e incalzato dal potere taumaturgico della musica.
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La colonna sonora dell’epoca è trascinante — The Cure, Duran Duran, The Clash, Hall & Oates, The Jam, A-ha, Spandau Ballet… — e su quella si innestano anche i brani originali della band di Conor, tra i quali quello cantato al concerto scolastico nel pre-finale dal protagonista, quasi come fosse il Marty McFly di Ritorno al futuro (1985).
Oltre alla storia d’amore tra Conor e Raphina, bella come solo gli amori giovanili possono essere, è centrale e toccante il rapporto tra lui e il fratello maggiore Brendan (Jack Reynor), un legame che è un groviglio di affetto, ammirazione, invidia.
Brendan, di una decina d’anni più grande, suonava pure lui da ragazzo ma ha abbandonato da tempo la musica e poi anche il college, e sente il peso del fallimento su di sé perché non ha ancora trovato la sua strada.
Eppure, dietro una corazza di cinismo e frustrazione, cerca comunque di fare da mentore per il fratello, elargendo consigli musicali e sentimentali (“Nessuna donna può amare davvero un uomo che ascolta Phil Collins”) e soprattutto esortandolo a credere comunque nei suoi sogni.
Sarà proprio lui a dare a Conor l’ultima spinta per salpare (letteralmente) verso un futuro luminoso di speranza.
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