“Il vertice”, Marthaler e la fotografia di una umanità confusa

MILANO – Con la coproduzione europea di Il vertice (The Summit), il nuovo spettacolo di Christoph Marthaler, adorata personalità di punta del grande teatro di regia europeo, il Piccolo Teatro di Milano ha fatto una scelta bella e ardita, ripagata dal pubblico dello Strehler dove è in scena fino a domenica, per poi partire per una lunga tournée tra Francia, Germania, Svizzera. Primo spettacolo “milanese” del regista svizzero, Il vertice, è infatti una delle sue beffarde e amare storie, che non sono mai semplici trame, ma diventano l’occhio con cui entrare dentro la realtà e l’umanità per registrare quello che vi accade.

Qui, con la consueta collaborazione drammaturgica di Malte Ubenauf, Marthaler porta lo spettatore in un piccolo rifugio in cima a una montagna (e la punta di roccia sbuca concretamente dal pavimento della realistica scena di Duri Bischoff) dove giungono, attraverso un montavivande, sei persone inizialmente vestite da alpini. Nel corso di un paio di ore circa, i sei, tre uomini e tre donne, si parlano e probabilmente senza capirsi tra chi usa l’italiano, chi il francese, chi il tedesco, ridono tra loro, mangiano, canticchiano, fanno un po’ di fitness e di sauna, brindano a un party e fanno poco altro. Vi si riconoscono i personaggi anonimi di tanti beffardi spettacoli di Marthaler, dal capolavoro Liebe Glaube, Hoffnung in su: impersonali, goffi, e spesso un po’ patetici. Qui, poi, chi siano e cosa facciano lì non si sa, né si verrà a sapere o a capire nel corso dello spettacolo.

Ma qui sta il punto: in quel microcosmo di persone, che apparentemente agiscono vivono, comunicano, non succede proprio nulla; anzi, davanti alla misteriosa congrega che Marthaler esplora nei quotidiani meccanismi e riti, ci si trova di fronte a un implacabile e un po’ funereo vuoto, di senso, di umanità, di valori, di obiettivi.

In una intervista il regista ci aveva detto che realizzando Il vertice aveva pensato a quei summit di politici o funzionari europei che vediamo in tv, quelle mega-riunioni dai grandi propositi, dove inesorabilmente non si decide nulla. Ma che sia l’immagine di uno di quegli incontri pubblici o una riunione privata, quella persone “nel vertice” svincolate da tutto, isolate in una cima dove sono inibite ma anche indifferenti a qualunque cosa accada fuori da lì, compongono un quadro nitido, lucido e severo come forse mai Marthaler era stato, meno beffardo del solido e più violentemente gelido, del nostro presente, la fotografia di una umanità bloccata nell’impotenza, confusa e lontana.

Uno spettacolo da vedere, Il vertice, duro anche per quanto poco concede alla spettacolarità. E forse mai come stavolta si meritano un applauso i sei protagonisti, senza battute, di fatto senza trama e quasi senza azioni, eppure così profondamente espressivi e veri. E sono le due attrici italiane Liliana Benini e Federica Fracassi, e Charlotte Clamens, Raphael Clamer, Lukas Metzenbauer, Graham F. Valentine.

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