Jasmine Trinca: “Il femminicidio nasce dal potere maschile che pensa di poter disporre di tutto”
Un fatto tragico delittuoso del 1970 che parla alla quotidianità di oggi. Gli occhi degli altri, in concorso alla Festa del cinema, si ispira, senza voler essere un racconto fedele come un cartello mette in chiaro prima dell’inizio, al celebre delitto Casati Stampa che sconvolse la società italiana di inizio anni Settanta.
Camillo Casati Stampa di Soncino, marchese e ricco possidente, uccise la moglie Anna Fallarino e il suo giovane amante e poi si suicidò, era il 30 agosto 1970. Un caso di cui si parlò moltissimo all’epoca anche per le rivelazioni della vita privata della coppia con il voyerismo del marito a fare da sottofondo. Un film che anticipa temi importanti e attualissimi come quelli del consenso, del revenge porn, del possesso.
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Il film cambia i nomi ai protagonisti, il marchese Elio è interpretato da Filippo Timi e la moglie Elena è Jasmine Trinca e sposta la tragedia nella notte di Capodanno che segna il passaggio del decennio. Lo firma il regista Andrea De Sica, nipote del celebre Vittorio e già autore della serie Baby e del film Non mi uccidere. “La modernità nel film è forte perché Andrea ha realizzato un film sì storicizzato negli anni Sessanta raccontando una classe sociale, persone ricche, di cultura, che Andrea sa dipingere molto bene anche negli aspetti più oscuri, che hanno però una visione del possesso amoroso molto antico – dice Jasmine Trinca – Quando oggi ci chiediamo in che contesto avviene un femminicidio realizziamo che non si tratta di un contesto di miseria umana, ma spesso invece accade in un contesto di benessere perché il duro schifo pseudoculturale è questo potere maschile che pensa di poter disporre in questo caso di tutto: della natura, dell’isola, degli altri invitati, della modernità che bussa alla loro porta. Questi personaggi appartengono a un mondo vecchio e antico che continua a duplicarsi e questo lo vediamo nell’attualità e sembra che non ci sia modo di passare oltre. Sta nel nostro corpo e non è più tollerabile”.
“L’idea che c’è dietro il film è prendere un’immagine, quella degli anni Sessanta che è associata a una certa spensieratezza, e cercare di distorcerla e mostrare quello che c’è sempre stato dietro a questa immagine traghettandolo al mondo di oggi che poi ci domandiamo se è veramente tanto diverso – spiega il regista – mi sono avvicinato alla storia esplorando i luoghi, un’estate mi sono trovato a girovagare nella villa abbandonata di Zannone (nell’arcipelago del Circeo, ndr.) dove i marchesi andavano a cacciare, un posto privato, non sapremo mai veramente cosa succedeva là. Il fascino è stato talmente forte che ho pensato che potesse essere il palcoscenico di questa tragedia: un incubo che avviene alla luce del sole. Partendo da quella vicende di cui si sa poco, c’è tanto racconto non provato, abbiamo fatto uno sforzo di trasfigurazione, non voleva essere un giallo anche perché si sa chi è l’assassino. Volevamo entrare in modo avventuroso dentro la complessità di un rapporto che mescola in modo complesso amore e violenza”.
Il film ha tante scene di nudo e sequenze di sesso e al riguardo Timi racconta: “Era imbarazzante spogliarsi per me, c’è un giudizio degli occhi degli altri e poi c’è la scena in cui siamo di notte a sparare in cima al mondo nudi. Ecco quella nudità era imbarazzante e poi forzarci a raccontare una sorta di sovraumanismo di un uomo e una donna che si sentono quasi divini per quanto hanno alzato l’asticella del plausibile. Inoltre fare un film è sempre imbarazzante intanto perché non ti senti mai all’altezza e talvolta incarni sentimenti dolorosi talvolta estremi”.
Mentre Trinca alla domanda se le scene di sesso siano state girate con l’intimacy coordinator: “No, se non c’era – ride – con Domiziana De Fulvio abbiamo fatto un grande lavoro. La cosa eccezionale di questo film è che lo sguardo di un autore maschio è stato capace di stare addosso a me, al mio corpo in nessun modo con uno sguardo prevaricante. Su questo sono molto rigida, se vuoi anche impegnata, in una visione del femminile, era importantissimo per me lavorare con due compagni che non avessero degli sguardi sovrascriventi. Tutto è stato fatto senza nessuna improvvisazione ma con uno studio su come questi corpi che portavano non solo trasgressione ma un racconto perché è un film che attraverso il corpo racconta anche molto altro”.
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