Jovanotti: “Quando nel Caucaso cenai con i gangster. Sanremo? Stiamo mettendo su un circo”
“Ho detto che sarà una figata, ma mica so se sarà così”. Ospite di Non è un Paese per giovani su Rai Radio2 con Massimo Cervelli e Tommaso Labate, Jovanotti ha raccontato come procedono i preparativi per la partecipazione alla prima serata del Festival di Sanremo.
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“Sono cresciuto con Sanremo da telespettatore – ha detto Lorenzo – ho ricordi da bambino in bianco e nero in cui facevo le pagelle e davo i voti alle canzoni”, ha spiegato, “con mamma spesso discutevamo, a lei piaceva Riccardo Fogli e a me Rettore. Per me Sanremo è un pezzo di vita e formazione, come di tanti e penso che sia un po’ la festa della musica popolare italiana e vorrei festeggiare la musica attraverso il mio punto di vista. E penso verrà una bella cosa, molto impegnativa perché stiamo mettendo su un circo che ve lo raccomando, però siamo a Sanremo, bisogna fare una figata!”.
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A proposito del prossimo tour, PalaJova2025, ha detto: “Ricominciare è stato commovente, emozionante, qualche lacrimuccia l’ho anche versata il giorno in cui siamo ripartiti a suonare in 15 sul palco. Ho sentito una grande emozione, perché ho detto ‘sono di nuovo qua, non era mica scontato’, un bellissimo regalo della vita”.
“Il mio nuovo concerto è una mega chiccona di 2 ore e mezza, una festa con una hit dopo l’altra, pezzi che ci hanno accompagnato negli anni suonati con una grande band. L’idea è di divertirmi e divertire, di solito le cose coincidono”, ha proseguito, “È un concerto per i miei, per quelli che hanno fatto un pezzo di strada con me”.
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Jovanotti ha quindi rivelato un aneddoto relativo al brano Celentano contenuto nel suo nuovo disco Il corpo umano vol.1: “È un pezzo rap, il racconto di una storia vera. Ero in bici lungo il Caucaso e sono stato ospite di una band di gangster che mi hanno affiancato incuriositi e mi hanno invitato a cena. Una cena pazza, loro parlavano solo armeno e il dialogo era ‘Totti, Juventus, Pavarotti’…’Celentano’ ricorreva, perché erano tutti, come me, pazzi di Adriano. La morale della favola è che essere italiani ha dei vantaggi, abbiamo parole che tutti conoscono. Ed è anche un omaggio ad Adriano”.
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E a proposito di viaggi intorno al mondo ha aggiunto ridendo: “In Cile sono qualcuno, anche se sono percepito come una vecchia gloria. Sono andato a fare un concerto qualche anno fa e mi ha stupito un giornalista che mi ha chiesto ‘ma che hai fatto negli ultimi 30 anni?’. Io lì ero famoso per Serenata rap e L’ombelico del mondo, poi sono scomparsa dal radar dei cileni. Volevo inventarmi che ero andato a pesca, ma poi ho detto che ho continuato a fare questo lavoro con una discreta soddisfazione”.
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