KPop Demon Hunters conquista tutti: tra i più visti su Netflix e la hit Golden scala le classifiche

Cantano per scacciare i demoni. Sono Rumi, Mira e Zoey, formano il gruppo immaginario Huntr/x protagonista del film d’animazione KPop Demon Hunters. E il successo del trio K-pop ha oltrepassato lo schermo per diventare un fenomeno reale, scalando le classifiche di Billboard con la hit Golden e attestandosi saldamente al secondo posto dei film più visti su Netflix, con oltre 184 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo dalla sua uscita, lo scorso 20 giugno, e da settimane nella top ten di 93 Paesi.

Il film, realizzato da Sony Pictures Animation con Netflix Animation, è diretto dall’americano Chris Appelhans e dalla canadese Maggie Kang. È stata lei a ideare il progetto: voleva fare un film “ambientato nella cultura coreana” e ha realizzato quella che ha definito la sua “lettera d’amore al K-pop” e alle proprie “radici coreane”. Kang ha poi sviluppato con Appelhans la storia dei cacciatori di demoni, decidendo di giocare con “le donne sciamane della cultura coreana” poiché storicamente “cantavano e ballavano per proteggere il loro villaggio e le loro comunità”. Da qui l’impresa delle Huntr/x, che sfidano sul palco a suon di hit i demoni impersonati da Jinu e la sua band, i Saja Boys.

Ora Arden Cho, May Hong e Ji-young Yoo, le attrici che prestano le voci alle protagoniste, sognano un seguito per continuare la storia delle Huntr/x e un’esibizione sul palco degli Oscar. Le tre hanno una teoria precisa sul successo dell’operazione: tutto si basa sull’autenticità. “È una testimonianza dell’impegno di tutti gli animatori e del team creativo”, racconta Yoo a Variety. “Penso che siano i piccoli dettagli. Hanno creato versioni dei personaggi con e senza trucco. C’è un livello di attenzione ai dettagli, come i disegni sui loro pantaloni del pigiama. È un lavoro d’amore che si percepisce guardando il film”.

Questa cura si traduce in personaggi che, pur essendo popstar impeccabili sul palco, sono reali nei loro momenti privati: mangiano ramen, cantano odi al loro divano dove si fiondano appena hanno un momento libero indossando adorabili abiti da casa. “Sul palco sono perfette”, aggiunge Arden Cho. “Ma mettile insieme e sono buffe, sono vere, fanno facce strane. Mangiano tutto quello che vogliono e ruttano. Credo che questo faccia sentire noi ragazze, finalmente, viste”.

Al di là dell’estetica, il cuore del film pulsa con una potente metafora sull’accettazione di sé. All’inizio della storia, Rumi rivela di essere per metà demone, nascondendo con vergogna i segni violacei sulle braccia. Il suo percorso per accettare questa parte di sé è il motore emotivo della narrazione. “È una metafora semplice, ma molto significativa. A volte, le voci peggiori sono quelle nella nostra testa – spiega Ji-young Yoo – è un modo meraviglioso per raggiungere tutte le fasce d’età con questo messaggio”.

Con un successo di tale portata, un sequel sembra quasi inevitabile, sebbene non sia stato ancora confermato. E il cast ha già le idee chiare. “Mi piacerebbe vedere se riusciamo a salvare Jinu” esclama Cho, riferendosi al demone della boyband rivale. “È un mondo magico, no? Sento che le opzioni sono infinite”. Ma nel cassetto c’è un altro grande sogno: portare le Huntr/x su un palco reale, magari quello della cerimonia degli Oscar. Oltre che sulla piattaforma Netflix, KPop Demon Hunters ha avuto un’uscita cinematografica limitata in California e New York, quanto basta per riuscire a soddisfare i requisiti di ammissibilità ai riconoscimenti dell’Academy, dove sperano di rientrare nelle categorie film d’animazione, singoli e colonna sonora. Le tre attrici sognano una performance live con le voci delle cantanti originali Ejae, Rei Ami e Audrey Nuna. “Queste tre insieme sono il sogno più bello. Continuo a chiederlo a Netflix”, confessa Arden Cho. “Aspetto il giorno in cui potremo vederle cantare dal vivo”. E conclude con una proposta: “Possiamo presentarle noi?”

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