La Petite, in streaming su MYmovies il film con Fabrice Luchini. Storia di un legame improbabile, necessario, unico

Al centro di La petite, film francese diretto da Guillaume Nicloux, tratto dal libro “Le Berceau” di Fanny Chesnel e ora in streaming sulla piattaforma MYmovies ONE, c’è la GPA, cioè la “gestazione per altri”, più comunemente nota come “maternità surrogata”: la pratica, cioè, per cui una donna provvede alla gestazione di un bambino per conto di persone che diventeranno poi i responsabili del nascituro.

Una legge la proibisce in Francia come in altri paesi (Italia compresa), ma molti si recano nei luoghi dov’è consentita pur di realizzare il sogno di diventare genitori.

Come Emmanuel, il figlio del protagonista del film, che prima di morire in un incidente aereo insieme con il suo compagno inglese, si era recato in Belgio, dove la GPA è legale e patto che sia gratuita (ma i pagamenti alla madre surrogata ovviamente avvengono in nero), per concordare con una ragazza incinta l’affido del suo futuro bambino.

L’inizio del film precipita così il settantenne Joseph, restauratore di mobili vedovo e padre di un’altra figlia, in una situazione delicata: scioccato dalla morte del figlio, con il quale aveva interrotto i rapporti, cerca di elaborare il lutto rintracciando la ragazza che aveva accolto nel suo utero lo sperma di Emmanuel.

Il bambino che nascerà sarà infatti suo nipote, e allora cosa fare: fare causa al compagnia aerea per aver un rimborso, come i consuoceri, o mollare tutto per andare in Belgio, a Gand, e convincere la madre a non ricorrere all’adozione?

A interpretare Joseph è Fabrice Luchini, in un ruolo per lui canonico nel cinema francese (tanto che si parla di “film à la Luchini”): il burbero cocciuto dal cuore d’oro, un po’ matto e un po’ geniale, che in questo caso finisce per avvicinare la madre surrogata (Rita, ventiseienne interpretata da Mara Taquin, con una bambina di nove anni al seguito e senza un soldo) e tra una difficoltà e l’altra a donarle il suo affetto.

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La storia parte così dalla morte e arriva alla vita, prevedibilmente. Ma grazie alla presenza di Guillaume Nicloux, regista capace di passare da progetti commerciali ad altri sperimentali (L’enlèvement de Michel Houellebecq, Valley of Love), acquisisce una dimensione più complessa: perché l’ossessione di Joseph per il lavoro iniziato dal figlio rivela la sua volontà di sostituirsi a lui, di vivere una vita non vissuta (come gli rinfaccia la figlia Aude, gelosa delle attenzione mai avute perché meno conflittuale del fratello), arrivando a tradire la propria età e a passare dalla tenerezza (come durante la gita al mare con Rita e la figlia, quasi i tre fossero una famiglia come le altre) all’incertezza.

Nel film non mancano le gag che ci aspetta da una commedia con Luchini, dovute all’inconfondibile mix di gentilezza e aggressività dell’attore francese, ma oltre la superficie si colgono domande sulla famiglia, i legami di sangue, il rispetto fra persone culturalmente distanti (Rita abita in quartiere periferico, è sgraziata e volgare, mentre Joseph restaura mobili preziosi e frequenta collezionisti) lasciate volutamente senza risposta.

Salvo quella, scontata ma necessaria, che l’amore, alla fine, vince sempre.

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