Marateale premia il talento di Alice Caccamo: “Sono curvy e voglio piacere con il fisico che ho”

Maratea (Potenza) – Uno dei nuovi volti – e corpi – del cinema italiano è quello di Alice Caccamo. Ventisei anni, catanese, una massa di capelli ricci, occhi chiari e un fisico deliziosamente curvy. È lei la vincitrice dell’edizione 2025 di Young Blood, il contest dedicato ai nuovi talenti ideato dai direttori di Alice nella città, Fabia Bettini e Gianluca Giannelli, insieme a Daniele Orazi, autore del libro Ostiawood.

La premiazione si è svolta all’interno del Marateale, dove Paola Minaccioni, intervenuta in una masterclass con i finalisti, ha parlato apertamente di razzismo estetico e degli stereotipi che ancora oggi condizionano la rappresentazione delle protagoniste sul grande schermo. Intanto, sui social infuriano le polemiche per gli attacchi di bodyshaming rivolti alla cantante Francesca Michielin, accusata da alcuni utenti di essere “in sovrappeso”.

Alice Caccamo viene da Catania, ha conquistato i giurati con due monologhi: uno di Natalia Ginzburg, in italiano, e uno tratto da Melinda e Melinda di Woody Allen, in inglese. A proposito della dichiarazione di Paola Minaccioni dice: “È un momento in cui si parla tanto di bodyshaming e accettazione del proprio corpo, io personalmente cerco di sfruttare le mie peculiarità, chiamiamole così, e spero che la mia fisicità non sia un ostacolo. Non mi sono mai trovata nella situazione di sentirmi dire di no ‘perché sei così’. Ho speranza in questo. E il fatto che oggi ci siano tante autrici, c’è una sensibilità diversa, tanti temi che oggi vengono trattati in modo più sensibile o semplicemente più reale: la gente deve riconoscersi e anche la mia normalità e giusto che sia vista”.

Minaccioni, a proposito dell’inclusività, è stata netta: “Se ne parla tanto, ma si fa poco. I ruoli per persone con disabilità o ragazzi di colore sono sempre marginali. I protagonisti restano volti rassicuranti, tutti uguali. Questo non è progresso, è razzismo mascherato. Certo, mi prendo anche le mie responsabilità: forse non sono riuscita a fare la protagonista come avrei voluto anche per colpa mia, perché non ci ho creduto abbastanza. Ma è un sistema subdolo. È inutile inserire una ‘quota’ se poi non si cambia il canone della protagonista”.

Alla domanda se esista ancora uno stereotipo dominante o si intraveda finalmente un cambiamento reale, Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction risponde: “Quando parliamo di cinema e serialità, dobbiamo ricordare che il nostro lavoro riflette sempre il mondo contemporaneo, nel bene e nel male. Per quanto riguarda la produzione Rai degli ultimi anni, posso dire con convinzione che non abbiamo mai seguito uno stereotipo femminile fisso. Le nostre protagoniste sono tutte diverse: curvy, magre, giovani, meno giovani, belle secondo i canoni tradizionali o interessanti in modi nuovi. La bellezza classica – bionda con occhi chiari o mora con occhi scuri – oggi non domina più. Anzi, noto con una certa inquietudine che sui social viene spesso proposta un’immagine femminile rifatta, standardizzata, stucchevole. Ma per fortuna ci sono tante ragazze che non rispecchiano quel modello e che esprimono una grande diversità. Noi cerchiamo di recepire questa complessità, altrimenti saremmo antistorici”.

Signoris e Pivetti in ‘Balene’: “L’amicizia di due sessantenni come noi con tutta la vita davanti”

A proposito di apertura generazione e retaggi del passato, Ammirati spiega: “Le nostre serie cercano di rappresentare donne vere, non icone. Donne nuove, trasgressive, interessanti, non necessariamente belle secondo i vecchi canoni. Donne single, divorziate, senza figli, o con tanti figli. Donne di sessant’anni che prima sarebbero state escluse e che oggi invece sono protagoniste. Penso a Balene, con Carla Signoris e Veronica Pivetti, due protagoniste sessantenni, amiche-nemiche. Non c’è un canone unico, e questo è fondamentale» Diversa invece la posizione di Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema: “A me non sembra che esista questa forma di razzismo. La scelta degli attori spetta ai registi, non ai produttori. E per quanto riguarda i nostri film, la questione non si pone: al di là dell’aspetto estetico, gli autori cercano una corrispondenza tra il volto dell’attore e il personaggio che devono incarnare”.

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