“Marty Supreme”, Chalamet ipoteca l’Oscar: trionfo per l’attore all’anteprima a sorpresa del film

NEW YORK – Quanti sono i giorni fertili di una pallina da ping pong “made in America”? Noi, presenti alla proiezione a sorpresa di Marty Supreme al New York Film Festival, abbiamo la risposta in tasca. Ma per chi non era in mezzo alla standing ovation che la notte scorsa ha salutato il film A24 di Josh Safdie come un “sicuro candidato all’Oscar”, l’attesa è fissata per il giorno di Natale. Riavvolgiamo il nastro: lo scorso venerdì il New York Film Festival annuncia una proiezione segreta, lasciando stampa e addetti ai lavori con l’acquolina in bocca. “Non sarà mica il nuovo film di Timothée Chalamet, un’epopea di quasi tre ore su un prodigio del ping pong?” scrive una collega giapponese. “Non prendere impegni per lo screening delle 20.30 di lunedì” esorta un insider con un biglietto extra. L’evento fa il tutto esaurito in meno di venti minuti, le ultime email di conferma arrivano a un’ora dal gong.

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L’appuntamento è all’Alice Tully Hall del Lincoln Center. Da una porta girevole sbuca Francesca Beale, attrice e filantropa (il teatro presso il Film at Lincoln Center si chiama proprio Francesca Beale Theater), in tailleur rosa confetto e una fascia per capelli con disegnate margherite e peonie; in platea, l’ex re di Wall Street, Bob Rubin, che ha trasformato un autodromo nella sede di un campo da golf, per poi diventare un influente connaisseur di arte e architettura. La location (New York) è tutto, dato che il regista Josh Safdie, 41 anni, è nato e cresciuto tra il Queens e Manhattan, e Chalamet è uno dei “figli del Manhattan Plaza”, un complesso residenziale per artisti sovvenzionato dal governo federale, a Hell’s Kitchen. “Odio anch’io le sorprese”, dice Safdie, visibilmente nervoso, dal palco. Ha chiuso il montaggio del film la notte prima, alle 2, e controllato il missaggio da diverse angolazioni, in una proiezione di prova nella nostra stessa sala: “Siete il primo pubblico a vedere il film”. Ed ecco arrivare Chalamet, travolto da grida e applausi: “Questo film – oltre ad essere un film su Marty Mauser – è una lettera d’amore a New York. È fantastico essere qui, sono così entusiasta di poterlo presentare nella mia città. Andavo al liceo proprio qui vicino” dice, riferendosi a LaGuardia High School.

Sebbene non sia un’opera puramente biografica, il protagonista Marty Mauser, una canaglia con il talento per il tennis da tavolo, è ispirato alla figura di Martin “Marty” Reisman, campione americano di ping pong e scrittore. Era soprannominato “l’ago” per la prontezza di spirito e per la sua costituzione snella. Il film segna il ritorno solista alla regia di Josh Safdie, dopo The Pleasure of Being Robbed (2008), e i magnifici Good Time e Uncut Gems girati insieme al fratello Benny. Ora, a unirli è una strana circostanza di eventi: se The Smashing Machine di Benny Safdie, Leone d’Argento per la miglior regia a Venezia, è di fatto il peggior debutto al botteghino della carriera di Dwayne Johnson (nei panni del combattente di MMA Mark Kerr) con soli 5,9 milioni di dollari, in una sola notte Marty Supreme è già circondato da un’aura di Oscar buzz e proiezioni al box office alle stelle.

Lo studio A24 ha speso 50 milioni di dollari per produrre The Smashing Machine, il budget di Marty Supreme sfiora i 70. A lungo si è parlato di rivalità tra i fratelli Safdie ma Benny ha messo per primo le cose in chiaro: “Per un po’ di tempo avevo lavorato parecchio in autonomia, e questo ti dà un certo livello di indipendenza. Poi ho realizzato una serie tv, The Curse, quindi ho cominciato a chiedermi: Cosa voglio davvero esplorare? È un momento incredibile. Mesi fa, stavo scattando delle foto nell’Upper West Side, un tizio si avvicina e mi dice: Ehi, dovresti fare un salto a Orchard Street. Non sapeva chi fossi. Ma io ho subito capito di cosa stesse parlando: mio fratello stava girando Marty Supreme a Downtown. Una coincidenza fantastica. Non è fantastico quando due persone legate per la vita lavorano simultaneamente su cose diverse?”.

Timothée Chalamet ha incontrato Josh Safdie a una festa a New York nel 2017, prima dell’uscita di Chiamami col tuo nome; di lì a poco, Chalamet sarebbe diventato una delle star cinematografiche più affermate della sua generazione (due nomination agli Oscar e superincassi al botteghino con il franchise di Dune e il biopic su Bob Dylan dello scorso anno A complete unknown). Safdie ha iniziato a giocare a ping pong da bambino, seguendo le orme di alcuni membri della famiglia. All’Hollywood Reporter rivela di aver cominciato da subito a studiare una serie di profili di “eccentrici personaggi ebrei immigrati del Lower East Side” che giocavano al tavolo della cucina dei suoi nonni dopo la cena dello Shabbat. “Mi ha aperto gli occhi su questa affascinante sottocultura di persone che si riunivano a New York e giocavano per soldi tutto il tempo”, dice. Nel 2018, sua moglie, Sara Rossein (produttore esecutivo e ricercatrice del film), ha preso in mano una copia di The Money Player, il memoir del campione di ping pong degli anni Cinquanta Marty Reisman, in un negozio dell’usato. “In copertina c’era questo tipo dall’aspetto funky”, ricorda Safdie. “L’ho mostrato a Timmy perché io e lui avevamo già in mente un progetto simile. Gli ho detto ‘voglio fare un film su questo mondo. Guarda che faccia ha questo giocatore’. E lui: assomiglia a me!”. Nello stesso anno, Chalamet inizia a prendere lezioni di ping pong in una struttura aperta 24 ore su 24 nel Lower Manhattan. Sotto Covid, ha messo via i mobili del suo salotto nella casa a Tribeca e li ha sostituiti con un tavolo da ping pong da professionisti. I due hanno trascorso anni attorno a quel tavolo, in compagnia dei collaboratori di Josh, come il co-sceneggiatore e montatore Ronald Bronstein e il direttore della fotografia Darius Khondji.

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La macchina del marketing A24 è iniziata proprio in queste ore con un promo concettuale che vede Chalamet seduto in un gigantesco box per l’estrazione dei numeri della lotteria, con palline da ping pong che sfrecciano attorno a lui. Fuori, un campo minato di tute da ginnastica nere e blu con il marchio Marty Supreme e caschi a forma di zucca-ping pong. Chalamet si strappa la maschera e si precipita fuori, al suono di una traccia EDM che campiona il monologo di Jason Mewes dal film Jay and Silent Bob Strike Back.

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L’ambizione di comporre un’impresa epica, che copre oltre 150 personaggi (Abel Ferrara e il cane Moses su tutti), volti da neorealismo, parti parlate e tonnellate di location, incluso un lungo momento di campionato in Giappone, fa del ping pong quasi un incontro di boxe. Non a caso, Safdie ha cercato la consulenza di un esperto, Diego Schaaf, per gestire il coordinamento e le coreografie. Schaaf ha lavorato sia alla breve scena di ping pong in Forrest Gump che alla commedia sportiva Balls of Fury.

Sulle orme di film come Gioventù bruciata e Il laureato che affrontavano il crescente distacco tra i giovani e l’establishment, il Marty di Josh Safdie, sostiene il co-caporedattore di Variety, Ramin Setoodeh, “è Uncut Gems che incontra Il giovane Holden che incontra Jerry Maguire, una storia di formazione calata nel 1952 e con protagonista Marty Mauser, che si fa strada nella scena del table tennis di New York. Vende scarpe per guadagnarsi da vivere ma è determinato a diventare il campione mondiale di uno sport che la maggior parte delle persone nella sua cerchia considera una perdita di tempo. La sua è un’odissea senza freni per racimolare soldi pur di volare in Giappone e mandare al tappeto il grande rivale, Koto Endo, interpretato dal vero campione Koto Kawaguchi.

Come in un film di Cassavetes, Marty ha a che fare con una madre con la testa tra le nuvole (Fran Drescher), il partner bandito Wally (Tyler, the Creator, al suo debutto cinematografico), la compagna Rachel, all’ottavo mese di gravidanza e dall’imbroglio facile quanto Marty (Odessa A’zion), e il cattivissimo Milton Rockwell (Kevin O’Leary di Shark Tank, popolare reality) che gestisce un impero di penne a inchiostro, si appassiona al ping pong dopo un incontro con Marty e ha una delle battute più divertenti e feroci del film sul suo essere un vampiro del 1600. Umilierà e sculaccerà Marty davanti a tutti con una racchetta. Rockwell è sposato con Kay Stone, vecchia gloria di Hollywood alle prese con una relazione avventurosa con Marty. La interpreta Gwyneth Paltrow, al primo ruolo sullo schermo in cinque anni.

Anche lei raggiunge il cast all’after party al Waverly Inn, all’incrocio tra Waverly e Bank, Greenwich Village. Un bistrot di quartiere con un basso soffitto a stecche da baita e il patio coperto sul retro, travolto all’improvviso da paparazzi e Tiktokers. Kylie Jenner e Timothée Chalamet, fotografati insieme (smentendo le voci di crisi) si siedono al tavolo più grande del locale e fanno festa insieme a Josh, protetti da un recinto di guardie del corpo. La miliardaria dei cosmetici, 28enne, e Chalamet, trent’anni a dicembre, indossano entrambi look in pelle nera coordinati e imitano i movimenti del ping pong. Uno scambio di gossip e cinema sotto rete, finito in uno smash chiamato Marty Supreme.

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