Memory Box, un tenero viaggio tra memoria, guerra e rinascita. Online su MYmovies
A Montreal, il giorno di Natale, la cinquantenne Maia, libanese emigrata in Canada con la madre Téta tanti anni prima, viene recapitata una scatola. Dentro vi sono conservati oggetti, fotografie e lettere cha la stessa Maia si scambiò con l’amica del cuore Liza tra il 1982 e il 1988, durante la guerra tra Libano e Israele.
La lettera che accompagna la scatola dice anche che Liza è morta e per questo, sconvolta dalla notizia, Maia proibisce alla figlia adolescente Alex, curiosa di conoscere il misterioso passato della madre, di frugare tra quei vecchi tesori…
Inizia così Memory Box, il film che i due artisti libanesi Joana Hadjithomas e Khalil Joreig e hanno realizzato a partire dai ricordi della stessa Hadjithomas, che allo scoppio di uno dei conflitti più sanguinosi della fine del XX secolo (i cui effetti arrivano fino ai giorni nostri) fu costretta a rimanere a Beirut sotto le bombe, mentre la migliore amica volava a Parigi con la famiglia.
La corrispondenza che le due ragazze tennero a lungo è diventata la materia di cui è fatto il film, in parte ripresa in parte ricostruita: fotografie, musicassette, lettere e ritagli di giornale attraverso il ricordo di Maia e la curiosità di Alex prendono vita sullo schermo, portando dal 2020 ai giorni del 1982 in cui la vita di un gruppo di giovani di una città bellissima e cosmopolita fu distrutta dall’insorge del conflitto.
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Mettendo a confronto diverse forme di linguaggio audiovisivo, dal videoclip al super8, dall’animazione alla narrazione classica innescata da un flashback, Memory Box dà forma cinematografia (e anche artistica, considerato il lungo lavoro nel campo dell’arte contemporanea della coppia di autori) a un ricordo che si è fatto trauma mai risolto.
Nel passato di Maia, infatti, la ferita della guerra in Libano (uno dei primi esempi di conflitto asimmetrico dei nostri giorni, anche per questo destinato a riaccendersi di continuo) si riflette nella sua vita privata, con la morte del padre considerato un eroe di guerra e soprattutto con l’amore per Raja, un ragazzo vicino ai gruppi di militanti palestinesi.
Grazie alla spinta di Alex, nella cui ingenuità e forza si coglie la forza delle nuove generazioni, lo scavo nella memoria innescato dalla scatola del tempo porta infine alla liberazione e all’insperato ritorno a casa.
Il film di Hadjithomas e Joreige, il quinto della loro film filmografia, presentato a Berlino nell’anno della pandemia, diventa così una sorta di seduta psicoanalitica collettiva per il popolo libanese (ed è straziante che il finale sia ambientato in un grattacielo affacciato sul porto di Beirut poco prima della spaventosa esplosione che 2021 sventrò la zona e causò più di 200 morti), mentre per tutti gli altri spettatori il tuffo negli anni ’80 della cultura punk e new wave, tra acconciature alla lacca, giacche di jeans e colori sparati, diventa la celebrazione del potere dell’arte, della moda e in generale della cultura (anche quella pop) di fronte alle tragedia della Storia.
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