“Non era così”: un tributo emozionante a Luca Ronconi tra passato e presente

E’ davvero una piccola grande storia del teatro, la duplice e complementare serata dal titolo “Non era così” con cui il Teatro di Roma e il Piccolo Teatro di Milano, con la collaborazione del Centro Teatrale Santacristina, avvalendosi di regia e drammaturgia di Giacomo Bisordi, stanno rendendo uno straordinario tributo ai dieci anni dalla scomparsa di Luca Ronconi. Mentre l’appuntamento romano ha già mosso e commosso gli animi lo scorso lunedì 10 marzo al Teatro Argentina con gli esemplari interpreti ronconiani Giovanni Crippa, Massimo De Francovich, Anna Maria Guarnieri, Laura Marinoni e Massimo Popolizio (anagrafe complessiva 374 anni) alle prese con brani di una cronologia alla rovescia di spettacoli dal 2015 al 1995, è ora il turno di un appuntamento al Piccolo Teatro Studio Melato domani, lunedì 17 marzo alle 20,30, con una devota cinquina attoriale qui ancora formata da Crippa, Marinoni e Popolizio e dalle new entries di Franco Branciaroli e Galatea Ranzi, impegnati stavolta in capolavori diretti da Luca in un calendario a crescere dal 1995 al 2015.

Va detto che per ricordare a dovere un genio visionario come Ronconi sono state affrontate tecniche riproduttive e di messa in voce odierne davvero meticolose ed emozionanti: ogni singolo artista, o ciascuna formazione di artisti, ha esposto (leggendolo, o dicendolo) un determinato passaggio dell’opera a suo tempo recitata col Maestro mentre su un grande schermo è proiettata la medesima scena allora registrata del lavoro, con la singolare conseguenza che i componenti dei cast di Ronconi di uno ieri piuttosto recente o remoto sono chiamati oggi a doppiare, in sincrono con lo scorrere delle immagini originarie, gli esatti propri ruoli in stagioni appartenenti all’arco degli ultimi venti anni di repertorio d’un regista europeo che, rammentiamolo, ha realizzato più di 250 spettacoli.
Va aggiunto che la serata comporta anche una serie di didascalie molto sintetiche, lucide e utili destinate a costituire un veloce testo biografico illustrante in sovrimpressione, con scrittura bianca su sfondo nero, il flusso umano, creativo e rivoluzionario di un ingegno che, come suggerisce il titolo di quest’omaggio, non ha voluto lasciare tracce, salvo le tracce profonde che restano nel corpo e nelle parole dei suoi attori e delle sue attrici.

La serata al Teatro Argentina di Roma

Il primo approccio al Teatro Argentina con le esperienze radicali vissute sotto la guida di Ronconi ha visto i cinque suoi protagonisti schierarsi compostamente, seduti in fila sul lato destro della scena, per poi a turno farsi memoria e interpreti. Ha fatto eccezione, in avvio, il compito solo in video di Massimo De Francovich, con un frammento del 22 febbraio 2015 al Teatro Grassi, quando, schierato con colleghi e tecnici della Lehman Trilogy di Massini, annuncia la morte di Ronconi. Un intervento grato, impegnato, toccante. Poi De Francovich va al leggio e, in sintonia con le proiezioni dello spettacolo, assume l’audio di sé nei panni del decano Henry Lehman, mentre lo vediamo negli stessi passaggi di dieci anni fa sullo schermo. Con tutta la sua autorità d’allora e attuale. Ascoltiamo anche la voce (posata, leggermente roca, inconfondibile) di Ronconi ragionante, in una conferenza, sui legami tra il suo teatro e l’economia.

E si passa a Lolita (Sceneggiatura) da Nabokov, del 2001, qui con Laura Marinoni che è Charlotte Haze (madre di Lolita) e Giovanni Crippa che fa Nabokov, e con contributo solo in immagine (a Roma) di Franco Branciaroli alias Humbert Humbert: nella fase dell’accoglienza in casa, a Ramsdale, Marinoni doppia con solido affetto la sua parte di ape regina premurosa che mostra interni e stanza da affittare a chi si convincerà subito dell’immobile scoprendo in giardino le grazie della figlia ninfetta. Importante l’interesse di Ronconi per il cinema, per i linguaggi borghesi con più letture, e appassionante l’adesione di chi oggi in scena se ne fa portavoce.Si volta pagina e l’anno prima, il 2000, ecco lo spettacolo, La vita è sogno di Calderón de la Barca, con cui iniziò la direzione di Luca al Piccolo Teatro di Milano, ed è la volta di un Massimo Popolizio che nei panni del detenuto Sigismondo esprime ancora vocalmente una barbarie imprigionata e illusa dando l’audio a un filmato che lo ritrae in brutali, selvagge, atroci sembianze. Lo scarto antropologico tra la visione d’un quarto di secolo fa e la presenza al leggio d’adesso produce un’impressione forte.

Per I fratelli Karamazov, risalenti al 1998, si fa ricorso a un minuzioso audio del GR1 dove Ronconi spiega la sua idea di fede, di infedeltà, di tensioni ideologiche, e passando ai contributi odierni sul girato dell’epoca ecco Giovanni Crippa come cinico Ivan da far paura, e Massimo De Francovich come impetuoso Grande Inquisitore che nega il dono della libertà, un pezzo che crea brividi anche proprio nel mondo in cui ora stiamo vivendo. Arriva, sempre procedendo a ritroso, “Quer pasticciaccio…” di Gadda del 1996, con schegge del lavoro con circa 50 interpreti, con riflessioni audio di Ronconi, col famoso crollo della parete. Ed eccoci a un connubio che trent’anni dopo colpisce in modo ulteriore la sensibilità del pubblico dell’Argentina: a ritrovarsi in “Verso Peer Gynt” di Ibsen, del 1995, prima stagione della direzione di Luca al Teatro di Roma, ci sono Anna Maria Guarnieri (che ha quasi l’età che avrebbe avuto Ronconi se oggi fosse vivo) nel ruolo di madre Aase e Massimo Popolizio nel ruolo del titolo, il figlio. Senza retorica, va detto che questo replicarsi di impegno materno e filiale, uno a fianco dell’altro, costituisce un quadro generazionalmente e storicamente struggente. E un apice ulteriore lo si tocca in chiusura, quando rivelandosi (nella sua più ampia, e ultima, intervista televisiva) Ronconi risponde alla domanda di Franco Marcoaldi “Cosa ti aiuta a stare al mondo?”, con un breve silenzio e poi con tre parole, “Un certo affetto”. Irraggiungibile. Come imparagonabili sono i cinque artisti di Roma che si tengono la mano agli infiniti applausi.

Al Piccolo Teatro di Milano

Al Piccolo Teatro di Milano, lunedì 17, nell’ambito della Prospettiva Ronconi, accanto a La vita è sogno, Lolita (Sceneggiatura), Lehman Trilogy e (forse) Verso Peer Gynt, ci saranno Il candelaio del 2001 e Questa sera si recita a soggetto del 1998 (titolo che Luca aveva in cantiere di riaffrontare, se la morte non l’avesse fermato). E’ tutto. Imperdibile.

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