Olivier Assayas a Venezia 82: “Il mago del Cremlino va oltre Putin, è la politica di oggi”
Venezia – Il mago del Cremlino di Olivier Assayas arriva alla Mostra, in concorso, mentre Vladimir Putin vola in Cina per rafforzare l’asse con Pechino e mentre in Occidente si guarda alla scadenza dell’appuntamento con Trump come a un nuovo punto di svolta nello scontro globale. Ispirato al romanzo di Giuliano da Empoli e alle visioni di Vladislav Surkov, l’ideologo del Cremlino che ha recentemente riaffermato la necessità di un’espansione russa senza confini, il film non racconta la cronaca ma indaga i meccanismi del potere e le nuove forme di manipolazione politica. Assayas spiega, come il cinema possa smascherare questi dispositivi e, attraverso l’interpretazione di Jude Law, offre lo specchio di un leader che non è soltanto Putin ma l’immagine stessa delle derive autoritarie che attraversano il nostro tempo. Lo abbiamo intervistato.
Vladislav Surkov
Perché oggi è importante un film, al di là del suo valore artistico, come Il mago del Cremlino, che è destinato a un grande pubblico e che ci regala uno sguardo all’interno della Russia?

“Perché quello che sta accadendo in Russia sta accadendo nel mondo. E quello che mi ha sempre interessato non è esattamente la politica russa, ma la trasformazione della questione del potere nelle società contemporanee e il modo in cui vengono utilizzati internet e nuovi strumenti di manipolazione del politico. In questo senso non è la storia di Vladimir Putin, non è nemmeno una cronaca fedele degli eventi. Direi piuttosto che è un film ispirato dal libro di Giuliano da Empoli e dal sentimento che mi ha trasmesso: che qualcosa stava accadendo dentro al mondo politico e che aveva bisogno di essere demistificato, spiegato, reso visibile sul tavolo. E il cinema questo non l’ha ancora fatto, o certamente non l’ha fatto abbastanza”.
Il personaggio che ha ispirato il libro è lo spin doctor di Vladimir Putin, Vladislav Surkov, che proprio a marzo ha rilasciato un’intervista dopo anni di silenzio. In quell’intervista disegna il “mondo russo”. Che impressione le ha fatto?
“Quando ho letto quell’intervista sono rimasto assolutamente spaventato, davvero spaventato. Ma bisogna dire che quando leggevo il libro di Giuliano, quando lavoravo sulla sceneggiatura o quando preparavo il film, io non conoscevo veramente il personaggio di Surkov. Quello che si vede oggi nel film è piuttosto la collisione di tre dimensioni: da una parte la storia di Surkov, ma già reinventata da Giuliano, perché nella realtà lui non è mai stato regista teatrale, non è stato produttore televisivo; poi c’è stata la nostra trasformazione ulteriore, con Emmanuel Carrère. E infine c’è il lavoro cinematografico, che se ne distacca ancora. Tutti noi, in momenti diversi, ci siamo allontanati da Surkov, e oggi sono molto contento che siamo rimasti lontani. Specie dopo aver letto quell’intervista”.
“Il mago del Cremlino”: dalla rabbia al potere, l’ascesa del giovane Putin strappa applausi al Lido
Putin in questi giorni è in visita Cina. Che pensa?
“Giuliano da Empoli è uno specialista di politica, come pure Emmanuel Carrère da cui mi sono fatto aiutare a precisare cose che lui conosce molto bene. Quello che mi importava era avere una rappresentazione non troppo specifica, ma più generale, delle modalità della politica contemporanea. Avevo paura, mentre facevamo il film, di essere contraddetto dalla realtà, perché i film hanno un ritmo diverso e la realtà spesso diventa rapidamente obsoleta. Invece, con mia sorpresa, quello che è accaduto è stato assolutamente diverso da quello che pensavo: credevo che avremmo fatto un film su vicende del passato, e invece siamo pienamente dentro la situazione attuale della Russia e dell’Ucraina. Il Putin di ieri è coerente con quello di oggi”.
Che impressione ha avuto guardando l’attualità, soprattutto pensando alla scadenza dell’ultimatum di Trump? Come pensa che si comporterà Putin, coerentemente con quanto emerge nel film e nel libro?
“Le ripeto quello che so e che si dice spesso: i russi non hanno un doppio discorso. Quando dicono una cosa, la fanno, più o meno. Non è lo stesso funzionamento delle democrazie occidentali. Il problema oggi è che dall’altra parte c’è un interlocutore che non capisce nulla, che ha una politica incoerente, e questo lascia a Putin uno spazio enorme per fare quello che vuole. E sarà così finché qualcuno non gli dirà stop in modo chiaro, determinato e coerente”.
Che ad interpretare Putin sia Jude Law è lusinghiero, almeno dal punto di vista estetico.
“Il punto per me era raccontare un imitatore di Putin, una sua versione reinventata. Avevo bisogno di un grande attore capace di trovare dall’interno tutte le nuance, tutti i diversi strati del personaggio. Non potevo farlo con chiunque. Conoscevo Jude, conoscevo il suo lavoro, e ho immaginato che avesse la potenza e l’intelligenza per reinventare un Putin credibile nel nostro mondo contemporaneo”.
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