Operazione “Albatross”, esce in sala il film caro a FdI fare cinema di destra

Roma – Albatross di Giulio Base, al cinema da oggi, 3 luglio, è un film che ha animato controversie fin da prima della sua uscita nelle sale. Come ampiamente previsto anche dallo stesso regista, Giulio Base. Per motivi politici più che artistici. Lo stato maggiore di Fratelli d’Italia è entusiasta del progetto e del risultato.
È la storia di Almerigo Grilz (interpretato da Francesco Centorame) attivista di destra a Trieste negli anni Settanta, provenienza Avanguardia nazionale, dirigente del Fronte della gioventù e poi del Movimento sociale. Dopo la militanza, Grilz decide di fondare insieme a due amici e “camerati”, Gian Micalessin e Fausto Biloslavo, un’agenzia di stampa che documenti i conflitti dimenticati di Medio Oriente, Asia e Africa, dove nell’87, esattamente in Mozambico, lo stesso Grilz trova la morte a trentaquattro anni: era al seguito dei miliziani anticomunisti della Renamo, è stato il primo reporter italiano a morire durante un conflitto bellico dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Il film ha già diviso ancor prima di arrivare nelle sale. Complici anche alcune proiezioni private e anteprime seguite dai vertici del partito di Giorgia Meloni: il 18 giugno scorso è stata organizzata una visione privata per pochi eletti, tra cui Arianna Meloni e il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa.

All’anteprima ufficiale erano invece presenti il ministro della Cultura Alessandro Giuli, la sottosegretaria con delega al Cinema Lucia Borgonzoni e l’amministratore delegato della Rai, Giampaolo Rossi. Tutti ampiamente disponibili agli scatti con il regista in un clima di generale euforia. Tra i produttori del film figurano tra gli altri la One More Pictures di Manuela Cacciamani, attuale AD di Cinecittà, e Rai Cinema, chiusura di un cerchio che rimanda direttamente all’attuale maggioranza di governo.

Per comprendere meglio il clima che circonda il film, va raccontata l’invenzione, nella sceneggiatura, di un personaggio di fantasia, Vito Ferrari, militante di sinistra, interpretato da Giancarlo Giannini. In uno scontro di piazza, Grilz e Ferrari si contrappongono ma quando arriva la polizia i due si aiutano reciprocamente a fuggire. Solo Grilz viene catturato e spedito in carcere. Molti anni dopo Ferrari, che nel film viene descritto come uno dei padri fondatori di Radio Popolare, è convocato a Trieste per partecipare a una riunione dell’Ordine dei Giornalisti che dovrà deliberare sull’opportunità o meno di dedicare una targa alla memoria di Grilz per il suo lavoro da fotoreporter di guerra dell’agenzia freelance Albatross.

Da Ferrari (personaggio ispirato a un noto volto televisivo come Toni Capuozzo) arriva una requisitoria appassionata in difesa dell’amico/rivale. Come è facile intuire, al netto delle migliori intenzioni di Giulio Base (“Mi sento un partigiano della riconciliazione a tutti i livelli”, ha dichiarato in un’intervista), il film sembra fatto apposta per supportare il processo di contro-narrazione caro al governo Meloni.

“Se hai un fuoco dentro, non lo puoi spegnere. Oggi c’è un appiattimento delle passioni, dobbiamo sporcarci le mani”, ha detto Base, che da tempo intrattiene buone relazione la destra: non a caso, dal 2024 riveste la carica di direttore artistico del Torino Film Festival. E certamente i servizi di Grilz da zone di guerra un po’ dimenticate (Angola, Libano, Afghanistan, Birmania, Iran, Etiopia) o comunque poco raccontate sono stati ripresi da molte testate. In ogni caso, a Trieste dodici associazioni e decine di consiglieri e privati cittadini hanno sottoscritto una petizione in cui, tra le altre cose, si chiede alla Regione di non patrocinare la prima edizione del premio giornalistico dedicato a Grilz per la sua militanza. La Russa, dal canto suo, ha commentato: “Finalmente un ricordo bipartisan”.

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