Pino Daniele, “Nero a metà”: il docufilm sull’artista a dieci anni dalla morte
Popolare è democratico. Un concetto che sta alla base della vita e della musica di Pino Daniele, l’artista che più di ogni altro ha cambiato la narrazione, la percezione e la creatività di Napoli dalla metà degli anni Settanta e che oggi, a dieci anni dalla sua morte, viene ricordato nel documentario Pino Daniele – Nero a metà, realizzato da Marco Spagnoli e Stefano Senardi, che sarà nelle sale il 4, 5 e 6 gennaio.
Enzo Avitabile: “Con Pino Daniele ho condiviso amore e divergenze, la musica e i sogni”
Un’ora e mezza di immagini e interviste che ricostruiscono una città in pieno cambiamento. La musica che esce dal solco delle tradizione per abbracciare il blues e il soul, il jazz e il funk, perché Napoli è sede di una base Nato e ha sempre avuto l’America in casa. E le parole sono in dialetto perché, come spiega lo stesso Daniele in una vecchia intervista tv, “l’importante non è capire tutte le parole, ma il mondo, il modo di vivere che c’è dietro”.
“Pino Daniele – Nero a metà” a 10 anni dalla scomparsa è ancora qui – trailer
Dietro c’è un ragazzo che veniva dai quartieri popolari, che suona la chitarra fin da piccolino e che a un certo punto contatta James Senese perché vuole entrare nei Napoli Centrale, l’avanguardia della musica napoletana di quegli anni: “Io gli dissi ‘non ho bisogno di un chitarrista ma di un bassista sì’. Lui accettò e così gli comprai un basso, che lui non aveva e non poteva permettersi, e rimase con noi per circa due anni” racconta Senese.
Come raccontano i tanti ospiti di questo doc, uno spaccato di un Paese nel pieno di un cambiamento radicale, Daniele già col primo album Terra mia, uscito nel 1977, strappò le fotografie della Napoli stereotipata, denunciando povertà e malessere. Dentro la sua Tazzulella ‘e cafè non c’era il tirare a campare della canzone tradizionale, ma la rabbia di chi non vuole dimenticarsi il disagio di una città ferita e spesso abbandonata a sé stessa.
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Il ritratto di Pino Daniele è disegnato dai suoi amici e collaboratori: Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Rino Zurzolo, Joe Amoruso, James Senese, Enzo Gragnaniello, Enzo Avitabile, Fausta Vetere, Teresa De Sio, Pietra Montecorvino, Gino Castaldo, Renato Marengo e tanti altri.
Ci sono storie di vita, come quando Daniele, che non aveva la patente e doveva andare a firmare il contratto discografico, fu portato da una sua amica con un’auto prestata. O come quando organizzò un concerto a Piazza Plebiscito con tutta la band passata alla storia radunando 200.000 persone a pochi mesi dalla tragedia del terremoto, ridando speranza a una città in ginocchio.
A Giuliano Sangiorgi la chitarra di Pino Daniele: il frontman si commuove al Maradona
O il suo incontro con Massimo Troisi, anima gemella nella definizione della nuova Napoli, mentre portava una nuova musicalità nel mondo dei cantautori. Come spiega Senardi, “il film è un omaggio affettuoso all’uomo e al musicista Pino Daniele, al riscatto che ha rappresentato per il suo popolo e la sua città, e racconta anche la rivoluzione musicale straordinaria che ha operato attingendo dalla tradizione e affrancandola da ogni schema”.
Un simbolo di libertà e ribellione, come Maradona. Insieme hanno trasformato la rassegnazione in orgoglio.
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