Pupo compie 70 anni: “Il numero fa impressione ma mi sento più vivo e creativo che mai”

Parafrasando il titolo di un celebre film di William Friedkin del 1970, è il momento della festa per il compleanno del caro amico Pupo. L’11 settembre 2025 Enzo Ghinazzi, per tutti semplicemente Pupo, compie 70 anni. Un traguardo che si intreccia con i suoi i 50 anni di carriera. «Aggiungiamoci – ha detto in un’intervista a Repubblica – che tutto mi sta andando benissimo, tra vita privata e lavorativa, e mi chiedo cosa ho fatto per meritarmi tutto questo. Scartate ipotesi tipo divina provvidenza, la risposta che mi sono dato è stata la buona fede: io sono un candido, un puro, l’unica persona a cui ho fatto volontariamente male è me stesso, se l’ho fatto ad altri è stato senza accorgermene».

Da ottobre partirà Pupo 50…storia di un equilibrista, il tour mondiale che tra il 2025 e il 2026 abbraccerà l’Europa, l’America e l’Asia. Da Vienna a Berlino, da Zurigo fino a Londra, Parigi, Madrid e oltre oceano, passando per lo show di Capodanno alla Nuvola di Fuksas a Roma, per chiudersi con un gran finale al Teatro Verdi a Firenze, con il concerto in programma per il 27 maggio 2026.

“Settant’anni per uno che si chiama Pupo sono un numero che fa impressione, ma io mi sento più vivo e creativo che mai. Festeggiare questo compleanno insieme al mio pubblico, sul palco in tutto il mondo, è il regalo più grande che potessi desiderare” – ha commentato Pupo, che si appresta a intraprendere un viaggio attraverso la musica, le emozioni e i ricordi che hanno segnato tante vite.

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Sempre con lo stesso nome, anche con il passare degli anni. «Ma ormai è un marchio, anzi un suono – ha spiegato a Repubblica – l’unica volta che ho provato a farmi chiamare Enzo Ghinazzi è stata una tragedia. Era il Sanremo 1992, Baudo mi annuncia col mio vero nome e cognome, sul palco vedo la gente sbigottita chiedendosi chi fossi. Finita la canzone esco e inizio a rincorrere Gianni Morandi che con lunga fatica mi aveva convinto a eliminare il nome Pupo. Mentre lo inseguo suona il telefonino: è Mogol, che mi rimprovera aspramente per aver abbandonato questo pseudonimo. Me lo aveva dato il primo discografico che aveva creduto in me, Freddy Naggiar, della Baby Records, per il mio faccino di bimbo. Non le dico cosa era stato tornare a casa col primo disco, Ti scriverò e il nome Pupo. Mia madre per la sorpresa e la delusione non mi parlò per un mese e mezzo”.

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La festa comincerà proprio l’11 settembre, giorno del suo compleanno, a Ponticino, all’ex Hotel Country, luogo simbolico della sua storia: acquistato negli anni 80 e perso dopo una crisi finanziaria segnata anche da debiti di gioco, quell’edificio è tornato a essere suo, dopo anni di attese e riscatto, e oggi rappresenta la sua personale rinascita. «Umanamente, ho lasciato libero sfogo ai miei tre demoni. Il primo è la musica, quindi tutto bene. Il secondo è il gioco, che mi ha fatto ricoprire di debiti, a spanne ho buttato via 3-4 milioni di euro attuali. Ora è vent’anni che ho smesso, ma la tentazione va repressa ogni giorno. Il terzo il sesso, compulsivo e con chiunque e ovunque».

E da mezzanotte, per la prima volta in digitale, sarà disponibile l’album L’equilibrista, album intimo e personale che contiene anche la title-track, un brano scritto nel 2004 e forse il più autobiografico di Pupo, un manifesto di vita che racconta le sue ascese e le sue cadute.

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E le polemiche, come quella legata alla canzone Italia amore mio: «Seconda a Sanremo 2010, anzi prima, ma mi dissero che dal Quirinale non avrebbero apprezzato che Emanuele Filiberto di Savoia, erede al trono che fu, vincesse la gara. Fu giudicata la più brutta canzone della storia del festival. Io la trovo bellissima, come tutte le mie».

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