Robert Plant e i Saving Grace, il viaggio nel folk che incanta più del rock

Un libro di canzoni perdute e ritrovate, le ha definite Robert Plant. In fondo, anche ai tempi dei Led Zeppelin il blues e il folk erano suggestioni spesso presenti. Saving grace (che è anche il nome del gruppo che lo accompagna) è una raccolta di cover e traditional potente e magnetica, un passo ancora più profondo dell’esplorazione country operata da Plant nei celebratissimi dischi incisi con Alison Krauss. Saving grace è una piccola enciclopedia del pensare folk: è aspro e dolce, delicato e duro, solenne come in I never will marry o energico come in Everybody’s song, un brano già inciso da Bob Dylan nel suo primo disco del 1962.

La band che affianca Plant, formata dal batterista Oli Jefferson, dal chitarrista Tony Kelsey, dal polistrumentista Matt Worley, dal violoncellista Barney Morse-Brown e dalla cantante Suzi Dian, è un elemento essenziale di questa passeggiata tra le campagne inglesi: si incontrano i Low Anthem di Ticket tacker, il blues di Blind Willie Johnson di Soul of a man e quello scritto e interpretato nel 1930 da Memphis Minnie e Kansas Joe McCoy in Chevrolet. Si incontra la rivoluzione psichedelica dei Moby Grape di It’s a beautiful day today, 1969. C’è Everybody’s song. E poi c’è la voce di Suzi Dian a dare una ulteriore spinta a questa lezione di gusto che si regge su equilibrio quasi magico. Non erano forse i Led Zep i maestri dell’esoterismo?

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Robert Plant

Saving Grace

Voto: quattro stelle su cinque

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