Schegge di Sanremo/3. Paradossi del festival: la carpa di Nek e la preghiera di Renato Zero

Ci sono stati anni in cui si manifestò una strana sindrome di attrazione verso l’orrore puro. Sono stati commessi molti misfatti (musicali s’intende…), alcuni dei quali oltretutto difficilmente comprensibili. Come spiegare, ad esempio, che alcuni protagonisti per antonomasia della musica diciamo pure “d’evasione”, si siano sentiti, proprio in occasione del festival di Sanremo, in dovere di esprimersi con dei pezzi “impegnati”, laddove ovviamente a nessuno veniva in mente di chiederglielo? Per un imperscrutabile mistero i Ricchi e Poveri si presentarono nel 1988 con un pezzo intitolato Nascerà Gesù, che non era un posticipo tardivo delle festività natalizie, bensì un pezzo dedicato ai rischi dell’ingegneria genetica. Non ci credete? E invece è vero, diceva così: “Stan cambiando il mondo ma che stupidi, ma che fa l’ingegneria genetica, presunzione inutile che non potrà mai far di te quel Dio che non sei”. Tutto vero, documentabile.

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La perdita di memoria ha steso un pietoso velo su alcuni di questi gioielli, ma noi siamo qui per ricordarli. Gli stessi Al Bano e Romina, massimi aedi della felicità domestica, un anno portarono Cara terra mia, che non era come si potrebbe pensare dal titolo un racconto della tenuta di Cellino San Marco, ma una canzone ecologista. Anche questo è agli annali. Perfino Umberto Tozzi, capace di far cantare a mezza Italia una semplicissima ossessiva ripetizione di “tiamotì”, tentò nel 1991 la strada dell’impegno con Gli altri siamo noi, che parlava dei mali del mondo, tra cui ovviamente non includeva autoironicamente se stesso, e anche del senso di colpa del mondo borghese nei confronti di queste problematiche.

Il 1993 fu un anno particolarmente ispirato. L’ottimo Peppino Di Capri, colto da momentanea follia, presentò con insensata audacia La voce delle stelle, in cui omaggiava alcuni celebri morti del rock, da Elvis a Freddie Mercury, e addirittura citava musicalmente Imagine di John Lennon. Lo so che sembra difficile da credere, ma è tutto vero e si possono addurre prove inconfutabili.

Nella sezione giovani, vinta da Laura Pausini con La solitudine, si presentò Nek e scoppiò il famoso caso della “carpa”. Il pezzo in realtà si intitolava In te ma ricordo nitidamente lo sgomento generale quando ci si rese conto che si trattava di un pezzo antiabortista, in cui il cantante si rivolgeva a un’incauta compagna che malauguratamente, e possiamo immaginare per ragioni dolorose ma inevitabili intendeva abortire, con queste parole: “lui vive in te si muove in te con mani cucciole è in te respira in te gioca e non sa che tu vuoi buttarlo via”, laddove la “carpa” era all’inizio della canzone lo stesso protagonista: “risalirò col suo peso sul tuo petto come una carpa il fiume”, e da lì successe l’inferno, il povero Nek, ovviamente inesperto (si è poi ampiamente riscattato negli anni a venire) fu maltrattato oltre ogni limite al grido di “la carpa, la carpa”, ma bisogna dire che un po’ se l’era cercata.

Fu un anno terribile, ci mise del suo anche Renato Zero con una Ave Maria che recitava così: “Rei di questa cieca ignoranza, rei del vuoto di una presenza, puoi illuminarci Maria, puoi un’altra volta, puoi Maria”. E Maria non era un’amica, una fidanzata, una compagna, era proprio la Madonna. E dire che, uscendo, dall’universo festivaliero la musica viveva di ben altro respiro, considerando che al primo posto della classifica discografica quell’anno c’erano i Liftiba, quindi “il diavolo”, e senza mai essere passati in televisione.

Ma se proprio vogliamo ricordare i misfatti festivalieri non possiamo non citare uno dei massimi capolavori del genere. Siamo nel 2010, l’anno di Antonella Clerici. Al festival si presenta un trio inedito formato da Pupo, dal chiacchieratissimo principe Emanuele Filiberto e dal tenore Luca Canonici. Cantano Italia mia, lettera d’amore firmata quindi direttamente anche da Casa Savoia. Vengono accolti da fischi e vengono eliminati nella prima serata, come sembrava giusto, ma grazie ai complessi regolamenti per i quali il festival brilla, la canzone viene ripescata e continua indisturbata il suo cammino verso la finale. Viene fischiata anche l’ultima sera quando si capisce che era sul podio e anzi arrivò gloriosamente seconda, dietro il giovane Valerio Scanu che vinse col suo “amore in tutti i luoghi e in tutti laghi”.

Pupo: “A Sanremo con Emanuele Filiberto eravamo primi. Poi telefonò il Quirinale e accettai il secondo posto”

Il secondo posto sembrava già un risultato clamoroso, ma c’era qualcosa che non tornava, perché girava con insistenza la voce secondo la quale la canzone fosse addirittura vittoriosa. Tempo dopo Pupo raccontò la sua verità. Ci sarebbe stata una telefonata arrivata direttamente dal Quirinale a suggerire “garbatamente” quanto potesse risultare inopportuno che a vincere il festival della canzone italiana fosse un’esponente di casa Savoia, che fino a pochi anni prima era impossibilitato a circolare liberamente in territorio italiano. Paradossi di cui solo Sanremo è stato capace. (3. continua)

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