The Deep, la storia vera dell’eroe che vinse l’Atlantico e tornò dalla morte. In streaming su MYmovies
Può un uomo sopravvivere per una notte d’inverno nelle gelide acque dell’Atlantico? No, secondo la scienza nei casi più estremi si può resistere qualche decina di minuti, di solito la morte sopraggiunge entro mezz’ora al massimo. Eppure c’è chi non si sa come è tornato vivo dall’abisso.
L’islandese Guðlaugur Friðþórsson, all’epoca ventitreenne di un piccolo villaggio delle isole Vestmann, nel 1984 rimane coinvolto assieme ai suoi colleghi nel naufragio di un peschereccio a circa 6 chilometri dalla costa.
Tutti i membri dell’equipaggio inevitabilmente muoiono, chi per annegamento chi per ipotermia, tutti tranne lui che riesce a salvarsi in maniera miracolosa nuotando fino a riva e poi camminando per altri quattro chilometri sulla pietra lavica, prima di giungere ad un’abitazione e chiedere aiuto.
Una storia così incredibile — e per molti versi tuttora inspiegabile — non poteva che attrarre un regista come Baltasar Kormákur, islandese come il suo protagonista, che ha dimostrato nella sua carriera un grande interesse per il genere survival — Everest (2015) sulla tragica spedizione del 1996; Resta con me (Adrift, 2018) su una coppia di velisti alle prese con un uragano nell’Oceano Pacifico; Beast (2022), l’unico non ispirato a vicende reali, un adventure movie con venature horror in cui un padre e le due figlie si ritrovano a lottare per la sopravvivenza in un safari nella savana.
Il suo The Deep, disponibile su MYmovies ONE, inaugura questo filone della filmografia di Kormákur — attivo anche in produzioni americane con star di Hollywood come Contraband (2012) e Cani sciolti (2013) — portando sullo schermo la storia del pescatore Guðlaugur, che aveva impressionato il regista sin da ragazzo.
Guðlaugur nel film diventa Gulli, interpretato dall’intenso Ólafur Darri Ólafsson, che incarna con la sua figura corpulenta e spaesata un superuomo per caso, che torna alla vita dopo aver sfiorato la morte.
Il naufragio di Gulli è girato con stile asciutto ma con grande efficacia immersiva. Nel mare che inghiotte il protagonista e lo restituisce, si assiste a una parabola fisica e interiore, in cui la resistenza disumana del corpo abbraccia i deliri della mente.
La seconda metà del film è dedicata al ritorno a casa di Gulli, accolto come un miracolo vivente e come un eroe nazionale, indagato da scienziati e media mentre lui sembra cercare solo un nuovo equilibrio con la propria identità.
Studi ed esperimenti scientifici evidenziano una sua particolare condizione fisica legata al grasso corporeo e simile a quella delle foche, ma resta pur sempre una parte di mistero insondabile. Ed è qui che il racconto della catastrofe si lega all’intimità dell’indagine psicologica.
Senza aggiungere enfasi, Kormákur fa sì che a parlare siano il corpo e la materia, lasciandoci come il protagonista nello smarrimento di fronte a domande irrisolte e irrisolvibili e all’enigma indecifrabile dell’uomo e della natura.
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