Titanic, dal trailer alla location tutti i segreti del kolossal e le paure di un flop
New York – Nel mondo del cinema c’è chi sostiene che ci sia qualcosa di più difficile di girare un film epico: montare un trailer, una sintesi di due minuti di un’opera lunga anche più di tre ore. L’impresa può rivelarsi titanica, e se poi riguarda un film chiamato Titanic, beh, allora è tutto moltiplicato dieci. Questi 150 secondi sono tutto per il lancio di un titolo. E come ogni cosa che ha riguardato il kolossal del ’97 sulla tragedia del transatlantico, anche il trailer è stato, a suo tempo, tema di scontro. La storia è stata racconta da Jon Landau, il producer vincitore di Oscar con Titanic e Avatar, che ha scritto il dietro le scene di uno dei più grandi film della storia e ne ha fatto un libro, The bigger picture, che uscirà postumo il 4 novembre.
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Landau è morto di cancro l’anno scorso. Aveva 63 anni. La storia del trailer si rivelerà il punto di svolta del successo, e a quel punto ci arriviamo, ma emergono anche altri dettagli. Come, per esempio, la ricerca lunga un anno per trovare la location giusta dove ambientare il film, montare la nave, riprodurre l’oceano e poter “controllare” l’acqua per raccontare le scene del leggendario naufragio. All’inizio la produzione aveva pensato di utilizzare una vecchia cava asciutta a Danzica, in Polonia. Poi aveva ripiegato a Rosarito, in Messico. Un luogo improbabile, tutto palme e sabbia rovente per girare un film ambientato di notte, nelle acque gelide dell’Atlantico. Ci sarebbe stato spazio per gli interni delle cabine, della terza classe, della sala macchine e della sala da pranzo, dei saloni. Il film era costato un’enormità, 200 milioni di dollari, molti lo consideravano troppo lungo. Mancava solo la prova del nove: l’uscita in sala. Ma prima serviva il passaggio chiave: il trailer.
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All’epoca molti pensavano che il film si sarebbe rivelato un disastro e avrebbe messo fine alla carriera del regista, James Cameron. “Tradurre un film di tre ore e quattordici minuti – scrive nel libro – nei canonici novanta secondi non è facile. Riuscimmo a realizzare un montaggio di quattro minuti e due secondi e lo inviammo agli studi. Poi aspettammo. Circa due ore dopo, Rae Sanchini (la produttrice esecutiva, ndr) ricevette una telefonata da Rob Friedman, capo della distribuzione di Paramount. ‘Ho visto il vostro trailer’, le disse apparentemente, ‘e sto vomitando sulle scarpe’”.
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La Paramount aveva preso le stesse immagini e realizzato il proprio trailer più corto. “Lo chiamammo il trailer alla John Woo. Tutto tagli rapidi e musica martellante, spari e urla. Faceva sembrare il film un action movie. Non era il nostro film”. Poi racconta ancora: “Andammo avanti e indietro con la Paramount, prima ragionando, poi urlando. Alla fine riuscimmo a convincere Sherry Lansing, presidente di Paramount a mettere il veto sul proprio dipartimento di distribuzione e a lasciarci testare il nostro trailer allo ShoWest, la conferenza della National Association of Theatre Owners a Las Vegas”. Un luogo dove ci sono le persone che contano davvero. Scegliendo quali film programmare nei loro cinema e quante sale dedicarvi, fanno da arbitri, un collegamento con la distribuzione. La posta in gioco era alta. “Tutti erano tesi – continua Landau nel libro – Avevamo speso cinque anni e 200 milioni di dollari. A volte sembrava che tutto il mondo sperasse nel nostro fallimento. La rivista Time pubblicò un articolo di copertina su Titanic con la frase “Glub, Glub, Glub…”, il suono della grande nave che affonda”.
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Proiettarono il trailer in una sala da banchetti a Las Vegas, e proprio alla fine, l’attore Kurt Russell, che aveva assistito, annunciò ad alta voce: “Pagherei dieci dollari solo per rivedere quel trailer.” Il producer ottenne una speciale deroga dalla Motion Picture Association – i trailer dovevano durare al massimo 150 secondi – per rilasciare un trailer di quattro minuti e due secondi al pubblico di tutto il mondo. “E da quel giorno – racconta Landau – ogni articolo negativo sul film si concludeva con la sensazione che il film potesse effettivamente essere buono. Fu un vero punto di svolta”.
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Anche la proiezione anticipata segnò un momento chiave. Landau ne aveva organizzata una in Minnesota. “Ecco come funzionano le proiezioni anticipate – scrive Landau – le persone fanno la fila alla biglietteria per un’anteprima gratuita; scoprono quale film vedranno solo entrando in sala. Siamo arrivati presto e ci siamo seduti in fondo. Poi il film è iniziato.Titanic è apparso in grandi lettere sullo schermo. La reazione del pubblico fu il silenzio. Un minuto, due minuti, tre minuti. Silenzio. Abbiamo iniziato a sussurrarci: ‘Oh Dio, siamo spacciati, siamo spacciati’”.
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Poi l’atmosfera cambiò. Il pubblico si lasciò coinvolgere. Alla fine urlava e piangeva seguendo il destino di Rose e Jack, Kate Winslet e Leonardo DiCaprio. Allora, si chiedeva Landau, “che diavolo era successo nei primi tre minuti?”. Dopo il film, durante la sessione di domande e risposte con il pubblico, la persona della Fox che la gestiva chiese: “Qualcosa vi ha confuso?”. Tutte le mani si alzarono. In qualche modo, nonostante il pubblico non dovesse sapere quale film sarebbe stato proiettato in anteprima, tutti erano stati informati che avrebbero visto Grandi speranze, un nuovo film della Fox. Per i primi tre minuti credevano di guardare un trailer di Titanic. Ecco perché erano così silenziosi. Ci vollero cinque minuti prima di capire cosa stava succedendo. Pochi giorni dopo, lo avrebbe scoperto anche il resto del mondo.
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