L’esordiente e il veterano, Inter-Milan è anche sfida sulle panchine tra Chivu e Allegri
L’esordiente contro il veterano. Questa sera a San Siro si sfideranno Cristian Chivu, al primo derby della Madonnina, e Max Allegri, che fra il 2010 e il 2013 ne ha giocati otto. «Per me sono tutte prime volte», si schermisce l’interista, chiamato a risollevare i nerazzurri da una striscia negativa di cinque stracittadine di fila. Deve sovvertire una statistica brutale: tutti gli allenatori stranieri dell’Inter dal 2000 in poi hanno perso all’esordio contro il Milan, da Cuper a Mourinho, da Benitez a Leonardo. De Boer fu esonerato prima di potere giocare un derby. Allegri ha vinto i primi tre, uscendo battuto da quattro dei successivi cinque: «Ero partito bene, poi ne ho persi un po’…» ha scherzato. In settimana ha ripetuto a tutti che «ogni partita è uguale allo stesso modo», un modo per esorcizzare il peso del derby.
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I punti lasciati per strada
L’Inter, seconda in classifica con Roma e Bologna dietro al Napoli, può portarsi a cinque punti sul Milan, che a sua volta vincendo ha l’opportunità di sorpassare i nerazzurri. È quindi sfida per il vertice. Ma Chivu, dopo undici gare, ha già perso tre partite. Allegri ha una sola sconfitta (al debutto con la Cremonese) ma paga quattro pareggi. Segno che entrambe le squadre hanno punti deboli. E proprio sui difetti dell’avversario dovranno giocare i due tecnici. Tanto l’interista, che ama imporsi nel gioco ma che pragmatico dice «dovremo sporcare il nostro schema», quanto il milanista, maestro nello sfruttare le pecche altrui.
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Pregi e difetti
L’Inter finora ha pagato l’incapacità di chiudere le partite e i finali difficili, che l’hanno condannata contro Juventus, Udinese e Napoli. Il Milan, fragile con le piccole e maestoso con le grandi, ha ancora cali di attenzione (come con Parma e Pisa) e momenti di blackout in difesa. Poi la panchina corta, al netto dell’assenza dell’unico centravanti di ruolo (Gimenez), una scelta precisa che però al cospetto di una rosa ampia come quella di Chivu può rivelarsi un limite. Quanto ai punti di forza, i nerazzurri hanno segnato più di chiunque in A — 26 reti — e riescono ad andare in gol anche con difensori e centrocampisti. Ne è prova la performance di Çalhanoglu, già a cinque centri. Altro fattore saranno i calci piazzati: Allegri sa che per l’Inter sono un’arma, stamattina nella rifinitura a Milanello presterà grande attenzione a quelle situazioni. Ma il Diavolo sa di poter far male ai cugini: l’idea è di schierare un blocco basso, che faccia densità davanti a Maignan. E, negli spazi che si potrebbero creare, scatenare il motore di Leao e Pulisic. È la prima volta insieme da titolari in campionato per i due, finora sono stati promettenti nei tratti di gara uno accanto all’altro: «Rafa sta capendo che un attaccante viene valutato per i gol che segna», ha detto Allegri, che da quando il portoghese è rientrato dalla nazionale lo ha ripreso sotto la sua ala, pronto a indicargli la via.
Sorprese e bocciati
Il più grande guaio per Chivu — che insiste nel rinunciare al ritiro prepartita — è l’assenza di Dumfries: non c’è un sostituto. Pur di non schierare Luis Henrique, flop dell’ultimo mercato, potrebbe spostare a destra il mancino Carlos Augusto. Alla mezzala sinistra, al fianco di Çalhanoglu, il ballottaggio è fra Sucic e Zielinski. In attacco torna Thuram al fianco di Lautaro, che segnando potrebbe superare Mazzola nella conta dei gol in maglia nerazzurra. Allegri ha un solo vero dubbio, sulla corsia mancina tra Bartesaghi e Estupiñan: l’ecuadoriano non ha convinto a Parma, dovrebbe partire dalla panchina. Tornerà Rabiot, pretoriano di Max: «È migliorato rispetto a quando l’ho allenato alla Juve».
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