Nicolò Martinenghi: “Il mio argento dopo una notte in lacrime”
SINGAPORE — L’inarrestabile Tete. Martinenghi è d’argento nei 100 rana ai Mondiali di Singapore, nonostante una notte insonne col mal di pancia e la tentazione di rinunciare alla gara che ha vinto alle Olimpiadi. Era andato a dormire scombussolato: squalificato in semifinale per un errore al Var e poi riammesso nel giro di pochi minuti che sono valsi «due anni di vita persi». Invece: quarto podio di fila a un campionato. Nuota in 58”58 (per l’oro ai Giochi, esattamente il 28 luglio 2024, gli era bastato un 59’’03) con il passaggio più veloce della sua carriera (di 3/4 decimi inferiore alle sue abitudini), poi il cinese Qin Haiyang lo beffa allo sprint (oro in 58”23). Bronzo al kirzigo Petrashow (in 58?88), sotto il podio il russo Kirill Prigoda a 59?01 poi squalificato. E dire che per Nicolò, 25 anni, è una stagione particolare: ha rivoluzionato la sua vita, dalla sua città, Varese, si è trasferito a Verona lasciando l’allenatore storico, Marco Pedoja, per farsi seguire da Matteo Giunta, ex coach e ora marito di Federica Pellegrini. Medaglia numero 200 per l’Italia del nuoto.
Martinenghi, da dove arriva questa medaglia?
«Da Unstoppable di Sia: la ascoltavo prima della finale, c’è un verso che dice I don’t need batteries to play, non ho bisogno di batterie per giocare. È vero, perché io ho bisogno solo di una corsia, la voglia di gareggiare ce l’ho sempre».
Era convinto di essere competitivo a questi Mondiali?
«La cosa strana è che sapevo che in preparazione stavo andando forte, eppure non avevo ancora sensazioni buone. Poi, arrivato qui, da un momento all’altro, mi sono sentito davvero bene. Quando si avvicina il momento della verità mi scatta qualcosa dentro. Ho pensato anche a quello che diceva Mike Tyson sulla paura dell’avversario come carburante da sfruttare nell’incontro. Ecco, io non ho avuto paura di nessuno, nonostante la notte passata in bagno a vomitare e il mio stato d’animo».
C’entra la squalifica poi rientrata in semifinale?
«Non so se mi ha fatto male qualcosa che ho mangiato o ha inciso quanto accaduto domenica, ci ho pensato, ma non credo. È la seconda volta che mi capita».
E cosa ha pensato in quei momenti?
«Che avevo un’occasione e non la volevo sprecare, io non voglio vivere di rimpianti. Ho cercato di insidiare un po’ il mio avversario principale, sapevo che sarebbe stato Qin Haiyang. Mi è mancato un po’ lo sprint finale, non lo nego, e questo non è stato solo colpa di quello che è successo ieri, ma ci sono altre cose dentro. Non uso scusanti, so che posso lavorare tanto su quello, ma nuotare questo tempo per me è tanto importante, vuol dire che sono tornato a grossi livelli. Sono davvero felice, anzi al settimo cielo anche se forse non si vede».
Ha pensato di rinunciare alla finale?
«Ho passato uno dei momenti peggiori della mia vita, saranno state le cinque di mattina. E sì,
l’idea di mollare ce l’ho avuta. Ero quasi in lacrime perché dicevo: io vivo per questo, quest’anno in particolar modo ho tanta voglia di esprimermi, nelle eliminatorie stavo veramente bene in acqua e quando capisci che porti una bandiera sulla testa, un orgoglio tuo da difendere, una voglia di dimostrare che c’è tanto lavoro alle spalle, tutto il resto sparisce. Ho trascorso una giornata in un mutismo selettivo cercando di entrare nella mia sfera. Matteo Giunta è stato molto bravo, mi ha detto che tutto quello che era accaduto prima non contava niente, contava solo essere qui e ora».
Chi è il Nicolò del qui e ora?
«Il risultato del passato e delle scelte che ho fatto. A Pedoja devo molto, non posso che ringraziarlo, ma avevo bisogno di ricominciare da zero dopo le Olimpiadi, cercare nuovi stimoli. Perché vincere un titolo a Cinque Cerchi è un sogno che si realizza ma dopo cosa vuoi di più? Mi è stato chiesto più volte dove avrei trovato le motivazioni e l’ispirazione per continuare. Mi sono fermato non per otto settimane, ma per cinque mesi e poi ho deciso di cambiare la mia vita, rimettermi in gioco».
E cosa è cambiato a Verona?
«La differenza non la fa la voglia, è impossibile averla tutti i giorni, ma la disciplina: lo ho imparato negli anni, sono disciplinato e non lascio nulla al caso, credo di raccogliere ora i frutti di quanto ho seminato. A Verona ho trovato qualcosa di magico, devo dire grazie alla federazione, all’Aniene che è la mia squadra, ai dottori, preparatori, tecnici, operatori. Mi sono riscoperto, sono ripartito».
Cosa ha chiesto a Giunta?
«Gli ho detto: non ho più obiettivi di medaglie, voglio solo lavorare sui tempi, fare i primi 50 più forte e con meno fatica. Ci ho messo un po’ a capirlo ma il nuoto è molto semplice: il tempo la fa da padrone. Ed è questo il bello».
Condividi questo contenuto: