Giornata della malaria, Iss: in Italia 798 casi tutti importati. Esperti: non abbassare la guardia
È una malattia conosciuta fin dall’antichità che ancora oggi rappresenta una minaccia sanitaria per metà della popolazione mondiale. Nel 2023, secondo l’ultimo report dell’OMS, si sono registrati 263 milioni di casi a livello globale e 597 mila decessi. In Italia è ormai debellata, ma si registrano comunque ogni anno alcune centinaia di casi importati, 798 nel solo 2023.
Lo rende noto l’Istituto Superiore di Sanità. Si tratta della malaria, di cui il 25 aprile si celebra ogni anno la giornata mondiale, per ricordare come questa malattia sia tutt’ora una minaccia per la salute globale, resa ancora più pericolosa dalla mancanza di un vaccino completamente efficace, dalla diffusione di plasmodi resistenti ai farmaci, da zanzare resistenti agli insetticidi e non ultimo dai cambiamenti climatici che fanno guadagnare sempre nuovi territori alle zanzare.
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I casi in Italia e nel mondo
È una malattia strettamente legata anche alla storia del nostro paese, con numerose zone che fino a non moltissimi anni fa ne erano infestate, e a quella di questo istituto, che fu fondato nel 1934 anche per pianificare la lotta a questa patologia e che ancora ad oggi ne porta avanti la sorveglianza oltre a diverse attività di ricerca. Nel 2022 i Paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo (SEE) che hanno riportato la casistica nazionale di malaria sono stati 28, con un totale complessivo di 6131casi confermati (0,8 casi per 100.000 abitanti). La Francia ha riportato il maggior numero di casi, seguita da Germania, Spagna, Italia e Belgio. Il 99,8% dei casi sono risultati associati a viaggi in aree endemiche. Tredici casi sono stati riportati come acquisiti localmente: 7 in Francia, 3 in Germania, 2 in Spagna, e 1 in Irlanda.
Un anniversario importante
Quest’anno un’occasione in più per puntare i riflettori sulla malaria viene da un anniversario importante. Cento anni fa, il 4 maggio del 1925, moriva Giovanni Battista Grassi, medico, zoologo e ricercatore il cui contributo è stato fondamentale nello scoprire quale fosse il meccanismo di trasmissione della malattia, finalmente chiaro solo alla fine dell’Ottocento. L’Iss ha dedicato all’iniziativa un nuovo podcast, che ripercorre la storia della malattia e l’attività dell’Istituto, oltre ad aggiornare le pagine di Epicentro e di Iss Salute dedicate alla patologia. Nel periodo pre-pandemico 2017-2019, si riscontra una certa stabilità, con un numero medio di 788 casi. Nel 2020-2021, a causa delle misure restrittive sui viaggi internazionali attuate per contrastare la pandemia di Covid-19, si è osservata una drastica diminuzione delle notifiche di malaria, rispettivamente con un numero medio di casi di 181 e 433. Nel periodo post-pandemico si evidenzia una lenta ripresa dei casi, con 596 nel 2022 e 798 casi nel 2023. In gran parte (circa 700 nel 2023) si tratta di casi importati che coinvolgono stranieri di ritorno da viaggi nei loro paesi di origine. Il motivo del viaggio in aree endemiche per gli Italiani includeva principalmente viaggi per lavoro (46%), seguito da turismo (26%) e volontariato/missione religiosa (19%). Gli stranieri presentano invece come principale motivo brevi viaggi nei loro paesi di origine (80%) (VFRs), mentre per 13% sono al primo ingresso in Italia. In Italia la malaria è tra le malattie infettive soggette a notifica obbligatoria. Il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, in stretta collaborazione con le strutture locali del Sistema Sanitario Nazionale, assicurano un efficiente sistema di sorveglianza di questa malattia seguendo le linee guida riportate in una circolare ministeriale dedicata.
Potrebbe tornare in Italia ma sappiamo come limitarne la diffusione
Le condizioni perché la malaria ritorni alle nostre latitudini, complice il cambiamento climatico, “teoricamente ci sono. Ma nei Paesi industrializzati ci sono anche le risorse per evitarne la diffusione. Difficilmente potrà tornare ad essere endemica. Ma non possiamo escludere il verificarsi di casi contratti in Italia anche nel prossimo futuro”. La previsione è dell’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di igiene all’università del Salento. Perché si diffonda la malaria, ricorda, “serve sia la presenza della zanzara (vettore) sia la presenza del plasmodio, il protozoo che causa la malattia. Per stabilire l’endemia, dunque, non basta la zanzara da sola, ma è necessario che il plasmodio circoli indisturbato per un po’ di tempo fra le persone”. Per impedire tutto questo, “è necessario un sistema di sorveglianza efficiente che identifichi e curi i casi finché sono sporadici e blocchi così la circolazione del plasmodio”. E la sorveglianza alle nostre latitudini “è presente”.
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Attenzione al cambiamento climatico
“Ogni vita salvata dalla malaria è una vittoria, ma finché anche un solo bambino morirà per una zanzara infetta il lavoro di prevenzione non sarà finito. In Italia la malaria è stata eradicata grazie ai sistemi di bonifica nelle zone dove era presente la zanzara. La malaria è resa ancora più pericolosa dalla mancanza di un vaccino completamente efficace, dalla diffusione di plasmodi resistenti ai farmaci, da zanzare resistenti agli insetticidi e non ultimo dai cambiamenti climatici che fanno guadagnare sempre nuovi territori alle zanzare”. Lo ricorda l’epidemiologo Massimo Ciccozzi. La Giornata mondiale della malaria, sottolinea, “può essere un’occasione importante per riflettere sui progressi fatti nella lotta contro una malattia che ancora oggi colpisce milioni di persone, in particolare nei Paesi a basso reddito. È anche un momento per rinnovare l’impegno globale verso l’eliminazione della malaria, rafforzando la prevenzione, l’accesso alle cure e l’innovazione nella ricerca”.
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