Alfa: “Credo nelle battaglie per i diritti e voglio far conoscere Manu Chao alla mia generazione”
La coppia è di quelle che non ti aspetti. Da una parte Alfa, popstar e cantautore genovese classe 2000, a Sanremo 2024 con il fischio di Vai! e il duetto con Vecchioni, Sogna ragazzo sogna, per poi proseguire con hit come Il filo rosso e i primi concerti nei palazzetti. Faccia buona e ottimismo («Ma ho ombre anch’io: è che preferisco non metterle in musica, il modello è Jovanotti»), dopo anni di rapper incattiviti ha fatto parlare di «rivincita dei buoni», anche se «direi semmai dei “normali”». E dall’altra Manu Chao, un guru che non ha bisogno di presentazioni.
Il risultato è A me mi piace, il nuovo singolo di Alfa – cioè Andrea De Filippi – in cui duetta con il maestro («Vorrei vivere leggero e cosciente come lui») rielaborando la sua Me gustas tú. È un omaggio, dice, all’artista con cui è cresciuto: «Se suono l’ukulele è per lui. Ci siamo conosciuti a Milano dopo un live, gli ho chiesto un autografo sullo strumento ma mi ha fatto un grande disegno floreale, bellissimo. Ci siamo trovati». Da titolo, il brano, vivace ed estivo, parla di quelle cose che «non si possono fare, ma piacciono lo stesso». Tipo questa. Una chiamata così, ride, è «un’alfata», come ripete la sua etichetta, l’indipendente Artist First, vascello pirata nel mare delle major. «Avrei potuto scegliere un artista di moda, ma ho preferito una leggenda, sperando di portarla ai ragazzi della mia età. Forse funziono perché sono un’alternativa».
Lo spirito battagliero di Manu Chao è lost in translation per la generazione zeta. «I miei genitori erano al suo concerto a Genova nel 2001, per il G8. È una ferita aperta. Come tanti coetanei, sono cresciuto senza credere nella politica. Io preferisco non espormi, ma non significa che non abbia idee. Però le battaglie di questo tempo – e che sento mie – non mi sembrano né di destra e né di sinistra: la lotta alla violenza di genere e la tutela del pianeta dovrebbero essere di tutti». Parlerà, magari, al Concertone del Primo Maggio di Roma, dov’è ospite giovedì. «Eseguirò un medley dei miei pezzi: la prima volta che ci ho suonato era il 2023, voglio far vedere quanto sono cresciuto».
A me mi piace va in radio dal 9 maggio e ci resterà: i precedenti parlano chiaro. Servirà anche da anteprima alla versione deluxe del suo ultimo album, il già disco di platino Non so chi ha creato il mondo ma so che è innamorato, in uscita il 30. Poi il tour estivo, quello europeo in autunno e, a novembre, di nuovo i palasport. «La parte che mi attira di più è quella internazionale: club piccoli, come ripartire da zero. Sono un’entusiasta per natura. Ho avuto successo sul web, durante il covid, senza fare live, ma non appena c’è stato modo mi sono esibito dovunque, comprese le gelaterie, per recuperare la gavetta. E la sto ancora facendo». Un’altra alfata? «C’è un sistema tossico di addetti ai lavori per cui o si suona negli stadi o si è dei falliti. Per me, arrivarci prima di un certa età vuol dire lasciar per strada qualcosa. San Siro è la fine, giusta, del gioco. Dico: fatemi giocare ancora».
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