Coin, debiti stralciati e cordata pubblico-privata per salvare 1.300 posti

MILANO – In attesa dell’omologa del tribunale all’accordo per il risanamento di Coin, si definisce con chiarezza la cordata di imprenditori e investitori finanziari pubblici e privati, che scommette una fiche complessivamente da 50 milioni nel rilancio dei grandi magazzini veneti.

Il sacrificio più grosso per salvare i 1.300 dipendenti della società e stato chiesto alle banche e ai fornitori, ma se gli istituti di credito da tempo avevano ceduto gli incagli e ristrutturato i debiti, per i fornitori cancellare l’88% degli ordini già consegnati potrebbe essere un boccone amaro da digerire, tanto che non sono esclusi ricorsi che potrebbero allungare il tempo dell’omologa del tribunale, che altrimenti dovrebbe arrivare entro fine maggio. Si tratta infatti di stralciare al 12% circa 240 milioni di passività, tra banche (60 milioni) e fornitori (190), per risanare l’azienda e permetterle di ripartire.

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Marchi di Liu Jo primo socio industriale

Detto questo, tra i soci industriali il contributo maggiore arriverà dalla Mia srl di Marco Marchi, che attraverso la controllata Excelite è già azionista con il 15% degli attuali grandi magazzini. Marchi è quindi in predicato di essere il primo azionista e il perno industriale del rilancio, ma non solo: l’imprenditore che controlla Liu Jo è anche tra i fornitori di Coin a cui è richiesto uno stralcio degli ordini passati. Tuttavia, se il rilancio avesse successo, attraverso Excelite — che già adesso produce alcune delle linee di abbigliamento dei marchi di Coin — potrebbe avere un ruolo anche su altre forniture, magari per il segmento casa, che resta cruciale e determinante per il futuro della società. Fatto sta che Marchi ha messo sul piatto — attraverso la sua holding personale Mia — 10 milioni da iniettare in aumento di capitale.

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Urso e Invitalia partecipano al risanamento

Anche Invitalia, su richiesta del ministro Adolfo Urso che si è speso in prima persona nella trattativa, inietterà 10 milioni per ricapitalizzare l’azienda, a testimonianza della fiducia che il governo mette nel piano di risanamento approvato, che prevede il pareggio di bilancio già dal prossimo esercizio. Sagitta sgr, veicolo che fa capo a Europa Investimenti parteciperà con altri 10 milioni, ma di questi 5 sono il risultato della conversione dei crediti del gruppo in capitale, e altri 5 di nuove risorse. Infine la Jorall di Jonathan Kafri e la Hi Dec di Enzo de Gasperi inietteranno altri 2 milioni.

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Beraldo il uscita dalla cordata

Stefano Beraldo, che attraverso la Red Navy era tra gli azionisti della vecchia Coin, ed è stato promotore del management buy out dal fondo Bc Partners nonché del primo rilancio del gruppo, non parteciperà all’operazione, in quanto essendo stata raggiunta una quadra anche grazie alla partecipazione di Invitalia, ha preferito fare un passo indietro per concentrarsi sulla guida di Ovs. Con l’uscita del manager, che per anni ha guidato con successo il gruppo Coin — che allora controllava Ovs — vengono anche meno i possibili conflitti d’interesse tra l’ex casa madre dei grandi magazzini e il leader tricolore del gruppo di abbigliamento che fa capo alla Tip di Giovanni Tamburi.

Chiusure di negozi per tagliare i costi

Infine Generalfinance, boutique finanziaria quotata a Piazza Affari con una capitalizzazione di 200 milioni, ha messo a disposizione 15 milioni di nuovi finanziamenti per dotare l’azienda delle risorse necessarie per andare avanti con il piano di riorganizzazione elaborato dall’ad Matteo Cosmi. Il piano, che punta sulla casa e sul beauty per rilanciare i ricavi, prevede la chiusura di 8 punti vendita su 34: ovvero quelli di Roma Lunghezza, Bufalotta a cui si sono aggiunti gli store di Termini, Latina, di San Donà di Piave e di Milano City Life, che non sono profittevoli da anni (che occupano un centinaio di persone che saranno ricollocate all’interno del gruppo), mentre sono ancora in bilico il grande magazzino di Firenze e quello di Bologna, anche se c’è speranza di tenerli aperti rinegoziando un affitto inferiore. Infine è stato definitivamente abbandonato il progetto del flagship di Piazza Cordusio a Milano — che non è mai stato aperto — e che finora è stato solo una voce di costo.

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