Carraro: “Contro i dazi di Trump bisogna aspettare, gli americani ne pagheranno il prezzo”
ROMA – Mi aspettavo che nella seconda parte dell’anno ci potesse essere una ripresa, ma quasi sicuramente sarà smorzata e spero non vada peggio», dice Enrico Carraro, presidente della multinazionale veneta dei sistemi di trasmissione. «Ma questo è il momento di ragionare e non farsi prendere dal panico».
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Però il presidente degli Stati Uniti prova a riscrivere l’ordine economico globale…
«Ma neanche lui può, non è fisicamente e tecnicamente possibile portare tutta la produzione negli Stati Uniti».
Non la spaventa il fatidico 2 aprile?
«Per il nostro gruppo l’impatto è relativamente indolore. È innegabile che la manifattura andasse rimessa al centro della politica americana, il problema è che il correttivo di Trump è peggio della malattia: bisogna capire quanto gli americani saranno disposti a pagare».
I danni per l’economia americana sono la nostra migliore speranza di fermare Trump?
«Finché si tratta di bere birra piuttosto che prosecco va bene, ma quando si parla di macchinari o elettronica che gli Stati Uniti non producono, allora pagheranno i consumatori americani. Le Borse hanno già reagito, ma il vero impatto sarà quello sull’inflazione che tocca direttamente i cittadini».
Quindi l’Europa come deve rispondere?
«Intanto bisogna rispondere tutti uniti. Va molto bene che la presidente del Consiglio abbia rapporti con Trump, ma dovrebbe usarli per l’Europa e non per l’Italia, altrimenti si creano spaccature tra vicini».
Uniti ad aspettare? Niente ritorsioni?
«Se rispondiamo con altri dazi siamo noi che li paghiamo. E poi non c’è molto da tassare, non certo le importazioni di gas. Ci possono essere ritorsioni mirate, ma in funzione di una visione di medio termine».
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Limitare l’accesso di Big Tech al mercato europeo è un’idea?
«Anche così finiremmo per danneggiare noi stessi. Bisogna aspettare, lasciar passare questi sei mesi di isteria per ogni parola di Trump e vedere».
Trump non smetterà di creare incertezza, è la sua strategia.
«Appunto per questo la cura migliore per l’Europa è pensare a noi stessi. Abbiamo 450 milioni di abitanti e un Pil pro capite che è la metà di quello americano: ci sono spazi enormi di crescita, di investimento in ricerca, di superamento delle barriere interne, per citare Draghi. Spero possa essere il momento di rinascita».
Ne ha fiducia?
«Di solito si esce da questi choc più coesi. Il piano di riarmo è importante, la difesa genera innovazione che si estende anche ad altri settori».
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