A Storm Foretold, un docufilm di rottura che smaschera i meccanismi della politica americana
Che il cinema possa ancora essere uno strumento in grado di aiutarci a conoscere e comprendere meglio il mondo lo dimostra il documentario A Storm Foretold, diretto dal regista danese Christoffer Guldbrandsen.
Il film non si limita infatti a raccontare il presente: lo interroga e lo mette a nudo fino a farne emergere la fragilità strutturale e la violenza latente. Un’opera che smaschera i meccanismi della politica americana (e, nello specifico, repubblicana) degli ultimi anni, sospesa fra propaganda e distorsione ideologiche. Nel 2018, il regista si reca negli Stati Uniti per documentare la campagna elettorale in vista delle residenziali del 2020.
Si affianca quindi a Roger Stone, uno dei consiglieri di Donald Trump e già collaboratore di Reagan, Nixon e Bush, e lo segue passo dopo passo, dalle feste per raccogliere fondi ai sodalizi che intrattiene col gruppo di estrema destra dei Proud Boys e l’organizzazione paramilitare degli Oath Keepers.
Tre mesi dopo il loro primo incontro, Stone viene arrestato nell’ambito delle indagini sulle interferenze russe durante le elezioni del 2016 ma Trump gli concede la grazia.
Trascorso un anno di riprese, però, Stone accetta una migliore offerta economica da parte di un altro gruppo di documentaristi e tagli completamente fuori Guldbrandsen. Questi torna quindi in Danimarca e cerca in ogni modo di far ripartire il progetto, nel frattempo finito a corto di budget.
Poco prima di ripartire per la Florida, però, lo stress gli causa un arresto cardiaco durante una sessione in palestra: riuscirà fortunatamente a riprendere il suo lavoro e documenterà un’escalation le cui conseguenze riverberano ancora oggi.
La straordinaria forza del film nasce dalla scelta del regista di non occultare la propria presenza e, allo stesso tempo, di ridurre al minimo i suoi commenti per lasciar emergere con vividezza la programmatica mistificazione della realtà dell’ideologia MAGA.
La retorica vuota, l’antiglobalismo, i riferimenti alla religione, il revanscismo, la nostalgia selettiva: lo spettatore avverte la costante tensione fra quello che Stone dichiara (curioso l’aneddoto sulla passione di Trump per Viale del tramonto) e quello che il suo operato suggerisce; fra il volto pubblico carismatico e la solitudine del potere, fra l’illusione del controllo e il caos che si prepara lontano dal palcoscenico ufficiale.
Sospeso tra osservazione partecipativa e documentazione militante, A Storm Foretold è un film che tocca alcuni dei grandi temi della nostra epoca: il rapporto tra responsabilità individuale e collettiva, il confine tra ciò che si vede e ciò che si tace, il bisogno di consenso a tutti i costi.
E lascia lo spettatore con una domanda ancora senza risposta: quali tempeste abbiamo permesso che si formassero e quali ancora siamo troppo deboli per fermare?
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