Biancaneve “monarchico” e cerchiobottista: non fate confronti con il classico Disney del ’37

ROMA – Abbiamo sempre detestato, da critici da spettatori e da cittadini, definizioni quali “film fascista”, “film reazionario”, “film di destra” (o di sinistra). Non le applicheremmo nemmeno a Vecchia guardia di Alessandro Blasetti, men che meno alla serie M. Il figlio del secolo su Mussolini (qualcuno l’ha fatto, che Dio lo perdoni). Quindi non le affibbieremo nemmeno al nuovo Biancaneve in live-action della Disney, anche se sinceramente dopo averlo visto ci prudono le dita sulla tastiera. Però un modo per etichettare questo scriteriato film dovevamo pur trovarlo, e pensa e ripensa, eccolo: Biancaneve è un “film monarchico”, e forse non per caso pur essendo targato Usa è stato girato in Gran Bretagna. Visto che non ci sono rischi di spoiler con una fiaba vecchia quanto il mondo, possiamo citare una frase che compare nel finale, quando Biancaneve ha sconfitto la regina cattiva e si è reimpossessata del trono che era di suo padre. Il reame ritorna esattamente come era prima dell’arrivo di Grimilde: un gaio villaggio vagamente tirolese, dove tutti cucinano torte, cantano e ballano, mentre Biancaneve si aggira felice fra la gente; e una voce fuori campo ci informa che Biancaneve aveva capito che la felicità non sta nei gioielli e nel possesso delle ricchezze, ma nella felicità dei suoi SUDDITI.

Ammetterete che la presenza così enfatica della parola “sudditi” stride assai in un film che è pur sempre prodotto da quella che si definisce la più grande democrazia del mondo (e girato, il film in questione, assai prima che arrivassero Trump e Musk a distruggerla, quella democrazia). Se questo fosse semplicemente un ritorno alla fiaba originaria, quella dei fratelli Grimm, sarebbe persino accettabile. Ma questo Biancaneve ricreato con attori al posto dei disegni animati ha ben altre ambizioni: è il trionfo del “politicamente corretto” e della filosofia dell’inclusività.

Rachel Zegler sarà la nuova Biancaneve: “Il sogno è realtà”. Ma non tutti approvano la scelta

Per capire il senso dell’operazione, basterebbe dire che il Principe Azzurro non c’è! Biancaneve viene sì richiamata in vita da un bacio, ma il giovane che le suona la sveglia è un ruspante proletario, un contadinotto che la povertà e le angherie della regina cattiva hanno trasformato in ladro. Peccato che il personaggio sia pressoché inesistente, privo del pur minimo fascino.

Invece il buon cacciatore che si rifiuta di uccidere la principessina è afroamericano, e Rachel Zegler – la protagonista – è la stessa attrice/cantante che ha interpretato la portoricana Maria in West Side Story di Spielberg: Zegler in realtà è per metà polacca e per metà colombiana, ed è una “Jersey Girl”, nata nello stato di Frank Sinatra e di Bruce Springsteen. Va detto che la sua etnia non si nota molto e quindi le proteste nei confronti di una Biancaneve “nera” (bel paradosso, effettivamente) erano abbastanza ingiustificate.

Il problema del film è che, oltre che monarchico, è anche cerchiobottista. Ogni tanto è inclusivo ma qua e là è antiquato e persino misogino (del resto rendere buona Grimilde è impresa superiore alle forze di chiunque), strizza l’occhio alla correttezza politica ma alla fine i nani non possono che essere… nani, sia pure interpretati da attori che danno loro solo il volto grazie alla tecnica della motion capture. Già, i nani: sono veramente orribili, e vedendoli il rimpianto per Dotto, Brontolo & soci come li avevano disegnati i maestri animatori di Disney è addirittura straziante.

Biancaneve, il live action a confronto con il primo classico dell’animazione Disney del 1937

Alla fin fine questa nuova Biancaneve diretta da Marc Webb, già specialista di film su Spider Man, non è fastidiosa per le varianti “moderne”, perché dovrebbe esser chiaro che i classici possono essere rifatti all’infinito e che l’etnia degli attori non deve essere mai un problema: è assolutamente legittimo che nel Macbeth di Joel Coen il re scozzese sia l’attore afroamericano Denzel Washington (del resto un Macbeth voodoo era stato allestito a Harlem già nel 1935), così come è legittimo che in un’altra tragedia di Shakespeare il moro Otello sia stato recitato da centinaia di attori bianchi. Ciò che rende il nuovo film quasi inguardabile è la stupefacente bellezza del vecchio Biancaneve e i sette nani di Walt Disney, che a distanza di quasi 88 anni (uscì a Natale del 1937) rimane uno dei più grandi film del secolo scorso; mentre questo non è nemmeno il miglior film di questa settimana.

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